Sinodo delle chiese valdesi e metodiste 1998
I. I Rapporti Con Le Altre Chiese Evangeliche
II. I Rapporti Con Le Chiese Ortodosse
III. I Rapporti Con La Chiesa Cattolica Romana
- Ciò Che Unisce Protestanti E Cattolici Romani
- Ciò Che Divide Protestanti E Cattolici Romani
IV. La Nostra Proposta Ecumenica
V. I Rapporti Con L’Ebraismo
VI. I Rapporti Con L’Islam
VII. I Rapporti Con Le Altre Religioni
I. I RAPPORTI CON LE ALTRE CHIESE EVANGELICHE
8. Il rapporto tra le nostre chiese, le altre chiese protestanti
italiane che si richiamano, più o meno direttamente, alla
Riforma del XVI secolo, e le chiese evangeliche italiane di diversa
matrice, ha radici antiche e profonde: il richiamo alla
centralità della Scrittura, il patrimonio spirituale del
Risveglio, la vocazione a mettere le loro specificità al
servizio dell’evangelizzazione del nostro paese, una storia per
molti aspetti comune, di cui possiamo solo menzionare alcuni
momenti. La fine del secolo diciannovesimo vede il nascere
dell’Associazione Cristiana dei Giovani (YMCA-ACDG, nel 1887) e
della Associazione Cristiana delle Giovani (YWCA-UCDG, 1894) che
hanno avuto importanti collegamenti con le nostre chiese,
specialmente nel settore giovanile. Pur tra molte
difficoltà, l’evangelizzazione dell’Ottocento sperimenta
sovente la collaborazione di denominazioni diverse; il Congresso
evangelico del 1920 indica un diffuso desiderio unitario da parte
di ampi settori dell’evangelismo italiano; nel 1946 nasce il
Consiglio Federale delle Chiese evangeliche in Italia, che si
distingue nella ricerca di posizioni comuni nei rapporti con lo
Stato e dunque nella lotta per la libertà religiosa; il II
Congresso delle Chiese Evangeliche in Italia (1965) porta, due anni
dopo, alla prima assemblea della Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia (FCEI), alla quale aderiscono inizialmente le
chiese battiste, la Chiesa metodista, la Chiesa valdese e la Chiesa
luterana in Italia, oltre alla Comunità Ecumenica di
Ispra-Varese; in seguito si aggiungono l’Esercito della Salvezza,
le Chiese Libere, la Chiesa Apostolica Italiana e, nel 1994, alcune
altre comunità libere o pentecostali.
9. Questo processo unitario, che conosce anche battute d’arresto e
sconfitte, è agevolato da dinamiche analoghe nei movimenti
giovanili e femminili - nel 1969 nasce la Federazione Giovanile
Evangelica Italiana, FGEI, e nel 1976 la Federazione delle Donne
Evangeliche Italiane, FDEI - e da una collaborazione spesso intensa
tra pastori di chiese diverse in una stessa città, e in
generale tra le comunità. Dalla sua costituzione ad oggi, la
FCEI svolge un ruolo particolarmente importante sia come luogo di
dialogo, che come strumento operativo per interventi di varia
natura (culturale, sociale, formativa, giuridica) nella
società italiana. La rubrica radiofonica Culto Radio, che va
in onda a livello nazionale (dal 1951) e la rubrica televisiva
Protestantesimo (dal 1973) hanno reso presente il pensiero
protestante italiano e internazionale al pubblico del nostro paese,
raggiungendo centinaia di migliaia di persone.
E' legittimo quindi parlare delle chiese federate come di un
insieme relativamente omogeneo nell’ambito dell’evangelismo
nazionale. Importanti settori del mondo evangelico, che non
aderiscono alla Federazione (Assemblee di Dio in Italia, Chiese
Avventiste del 7* giorno, Assemblee dei Fratelli, Chiesa del
Nazareno, Chiesa Apostolica, Chiesa Evangelica Internazionale,
Chiesa Evangelica Cristiana, Unione delle chiese libere e altre
chiese libere) fanno parte dal 1984 della Commissione delle chiese
evangeliche per i rapporti con lo Stato (preceduta dalla
Commissione giuridico-consultiva della FCEI nata nel 1967) e
agiscono quindi unitariamente in questo ambito così
importante. Su di un piano diverso, la Società Biblica in
Italia (interconfessionale dal 1983) costituisce uno strumento
interdenominazionale di grande rilievo per la diffusione della
Scrittura nel nostro paese. Si veda il successo della Traduzione
interconfessionale della Bibbia, (TILC) e spesso, anche se non
sempre, vengono usate dalle varie chiese le medesime edizioni della
Bibbia, tra le quali la recente Versione Nuova Riveduta (1994-95)
della Società Biblica di Ginevra e della Società
Biblica Britannica e Forestiera.
10 Il panorama evangelico italiano è caratterizzato oggi da
un fenomeno nuovo: un numero cospicuo di evangelici è giunto
in Italia in seguito all’immigrazione dal cosiddetto terzo mondo ed
è sorto un gran numero di comunità evangeliche, sia
costituite su base denominazionale, sia aggregate su base
interdenominazionale per affinità linguistica o etnica.
Alcune di queste comunità celebrano i loro culti nei locali
delle nostre chiese o hanno stabilito con esse rapporti fraterni.
Altre si sono costituite in modo del tutto autonomo e sono per noi
nuovi interlocutori con cui avviare relazioni fraterne, come ad
esempio è avvenuto nel quadro del programma Essere chiesa
insieme, promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in
Italia.
11. Le chiese valdesi e metodiste, unite nel Patto di Integrazione
dal 1979, e le altre chiese facenti capo al Sinodo delle Chiese
valdesi e metodiste, fanno parte della Comunione di Leuenberg tra
le chiese luterane, riformate, unite e ora anche metodiste
d’Europa. Questo significa che esse intrattengono con la Chiesa
evangelica luterana in Italia rapporti di piena comunione
ecclesiale, cioè: comunione nella predicazione e nella
celebrazione della Cena del Signore (oltre che, evidentemente, nel
battesimo) e reciproco riconoscimento dei ministeri. A partire
dall’Assemblea-Sinodo del 1990, le nostre chiese vivono in piena
comunione ecclesiale anche con quelle che si riconoscono
nell’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia (UCEBI).
Nell’ambito di questa collaborazione è nato il settimanale
Riforma, che ha sostituito le precedenti testate denominazionali.
La piena comunione ecclesiale tra riformati e metodisti da una
parte, e battisti dall’altra, costituisce, a tutt'oggi, un elemento
originale nel panorama ecumenico mondiale.
Le nostre chiese intrattengono rapporti intensi e fraterni anche
con altre chiese evangeliche. Ricordiamo la collaborazione con le
Assemblee dei Fratelli nel Centro di formazione diaconale e nel
Comitato promotore iniziative evangeliche. Con le Chiese avventiste
siamo in dialogo da diversi anni grazie agli intensi rapporti che
la Federazione delle chiese evangeliche ha stabilito con
loro.
Valdesi e metodisti sono uniti alle chiese evangeliche pentecostali
( riunite nelle ADI, in altre famiglie di chiese, o indipendenti),
alle Assemblee dei fratelli e ad altre chiese libere dai quattro
elementi menzionati in apertura: centralità biblica,
tradizione del Risveglio, vocazione all’impegno per
l’evangelizzazione, una storia per molti aspetti comune. Per questo
ci diciamo tutti evangelici, anche se per noi il termine è
sinonimo di protestante, mentre altre chiese evangeliche in genere
non utilizzano quest'ultima espressione.
13. Accanto agli elementi comuni, la storia e il dibattito recente
hanno messo in luce profonde diversità. Alcune riguardano,
nel quadro della vocazione rivolta a tutti i credenti senza
distinzione, la comprensione del ministero e, in particolare, del
pastorato femminile; altre, invece, si riferiscono a tre ambiti
più specifici e generali:
a) L’approccio al testo biblico - Dio, dopo aver anticamente
parlato molte volte e in svariati modi ai padri per mezzo dei
profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo di suo
Figlio... (Ebr. 1,1-2). Le Scritture testimoniano e trasmettono la
Parola rivolta da Dio per mezzo dei profeti e per mezzo di
Gesù Cristo. Tutte le chiese evangeliche considerano
perciò le Scritture come unica fonte di rivelazione e quindi
suprema autorità per la fede, la dottrina e la vita (sola
scriptura). In sintonia con la Riforma, esse ritengono che la
lettera - cioè il testo biblico compreso nel suo senso
semplice - racchiuda tutto ciò che è necessario e
sufficiente alla fede e alla salvezza. Mediante il suo Spirito, Dio
ha guidato profeti e apostoli dalla Parola alla Scrittura; mediante
lo stesso Spirito conduce anche noi dalle Scritture all’ascolto
della sua Parola.
Il comune riconoscimento delle Scritture come Parola di Dio
è tuttavia espresso in modi diversi nelle chiese
evangeliche, dando luogo a letture bibliche diverse, talora
conflittuali. Nelle nostre chiese si riconosce che il testo
biblico, in quanto espressione umana della Parola divina, è
espressione di un processo storico, in cui lo Spirito di Dio
agisce, pur nella relatività della cultura di coloro ai
quali si manifesta. Meglio si coglie la concretezza umana e storica
delle Scritture, più si apprezza l’incidenza della Parola di
Dio. Per questo - pur nella consapevolezza dei rischi a cui possono
essere esposti - riteniamo che i diversi metodi critici di studio
della Bibbia possano essere utili strumenti per una più
profonda comprensione delle Scritture come Parola di Dio. Altre
chiese, invece, considerano questo approccio con sospetto o lo
rifiutano decisamente, in quanto ridurrebbe - e secondo alcuni
addirittura negherebbe - l’autorità della Scrittura.
b) Il problema dell’etica. Tutti concordano - riteniamo - sul fatto
che l’etica è la risposta riconoscente della fede alla
grazia, è il tentativo serio ma umano e fallibile di vivere
l’imperativo che, nel messaggio biblico, deriva sempre
dall’indicativo e in esso si fonda: Siate santi come (o
perché) Io sono santo, Amatevi come io ho amato voi. Non
tutti, però, prendono in considerazione nella stessa misura
il fatto che le indicazioni etiche della Bibbia devono spesso
essere tradotte in una cultura, la nostra, molto diversa da quella
che le ha viste nascere; come pure il fatto che le scelte etiche si
elaborano nello spazio della libertà di Cristo, a partire
dalla responsabilità nei confronti degli esseri umani e del
creato, responsabilità che appare nella Bibbia
indissolubilmente legata al comandamento dell’amore, e alla quale i
credenti e le chiese sono chiamati da Gesù: essa non produce
codici sempre validi e infallibili, ma costituisce un appello alla
libertà cristiana, chiamata a ubbidire al comandamento
divino.
All’interno stesso delle nostre chiese l’assunzione di questa
responsabilità e le risposte a questo appello sono talvolta
assai diversificate e persino in tensione: è una dialettica
che riteniamo feconda interpellanza reciproca e possibilità
di fraterna vigilanza e di fraterno richiamo, nella coscienza di
come sia spesso arduo, di fronte alla complessità dei
problemi umani che via via incontriamo, comprendere chiaramente
quale sia la volontà di Dio.
Questo approccio problematico suscita spesso, in altre chiese
evangeliche, l’impressione che si finisca per dissolvere nella
storia mutevole il comandamento di Dio, rinnegando nei fatti la
fedeltà alle Scritture rivendicata a parole. Tale approccio
può certo essere strumentalizzato per eludere il
comandamento di Dio; siamo però convinti che sia il modo per
evitare di fare del comandamento una lettera che uccida: e come
tale lo proponiamo al confronto sincero e senza pregiudizi, di
fronte alle questioni che via via si pongono alla nostra
riflessione e alla nostra scelta, ben sapendo che l’etica
cristiana, attraverso i tempi, ha una storia discutibile e
incompiuta e che attende anch'essa il compimento del Regno di
Dio.
c) Il dialogo con la Chiesa cattolica romana. Alcune chiese
evangeliche guardano con turbamento o con aperto dissenso al
dialogo che valdesi e metodisti, come anche battisti e luterani
italiani, conducono a vari livelli con la Chiesa cattolica romana,
interpretandolo come una rinuncia all’evangelizzazione o come
affievolimento dell’identità evangelica. Questi rilievi
critici sono presenti anche nelle nostre chiese e possono essere
apprezzati come richiamo alla vigilanza nei confronti del pericolo
di dialogare sottacendo o eludendo o sacrificando la questione
della verità evangelica - così come è
attestata nella Sacra Scrittura - che c'interpella tutti e sempre,
anche e proprio quando siamo impegnati nel dialogo, che vuole
servire la verità, non aggirarla. Il vero dialogo avviene
tra partner che non nascondono le differenze e divergenze, anche
profonde, né, soprattutto, si nascondono davanti alla Parola
di Dio; che si parlano con franchezza, sulla base della fede nel
Dio della rivelazione biblica e in Gesù Cristo, confessato
insieme come Signore e Salvatore del mondo e nella fiducia che
proprio attraverso il comune confronto con la sua Parola, Dio li
possa rinnovare. Dialogo e identità evangelica non sono per
noi in contrasto; l’aprirsi al confronto non implica
necessariamente una rinuncia ai fondamenti della nostra
identità. Perciò non poniamo in alternativa il
dialogo ecumenico, con la Chiesa cattolica romana o con altre
chiese, da una parte, e la nostra identità evangelica e il
compito della testimonianza, dall’altra. Per sua natura il dialogo
ecumenico è aperto a tutti coloro che l’accettano e non
può ammettere veti (ad es. io non dialogo con te,
perché non approvo che tu dialoghi con lui, oppure dialogo
con te se mi assicuri che non dialoghi con lui), né
pregiudiziali che non siano la disponibilità ad aprire il
dialogo, la libertà e la franchezza nel condurlo, la sincera
ricerca di una comunione, la fiducia in Colui sotto la cui guida
esso si svolge.
14. Per quanto queste differenze siano rilevanti, non riteniamo
tuttavia che siano di portata tale da impedire il confronto in un
autentico rapporto di fraternità: le diversità
riguardano sì, infatti, diversi atteggiamenti spirituali, ma
non, a nostro avviso, il centro della confessione di fede. La
comune storia passata, come le numerose forme di collaborazione in
atto, ci incoraggiano a guardare con fiducia alle
possibilità di approfondire i reciproci rapporti di dialogo
e di collaborazione, convinti come siamo, comunque, che la comune
fede evangelica ci chiami a fare insieme tutto ciò che non
siamo costretti a fare separati. Su questa base, nella convinzione
che Dio ha distribuito i suoi doni alle diverse chiese, e non a una
soltanto, e che quindi tutte le chiese - e ciascuna di esse - sono
debitrici verso le altre dei doni ricevuti, riteniamo
indispensabile e urgente che esse s'incontrino, sia per
confrontarsi, sia per condividere, ringraziando Dio, ciò che
ciascuna ha ricevuto, non anzitutto per se stessa, ma per le altre,
come scrive l’apostolo Paolo: A ciascuno è data la
manifestazione dello Spirito per il bene comune (1 Corinzi
12,7).
I. I Rapporti Con Le Altre Chiese Evangeliche
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