Sinodo delle chiese valdesi e metodiste 1998
I. I Rapporti Con Le Altre Chiese Evangeliche
II. I Rapporti Con Le Chiese Ortodosse
III. I Rapporti Con La Chiesa Cattolica Romana
- Ciò Che Unisce Protestanti E Cattolici Romani
- Ciò Che Divide Protestanti E Cattolici Romani
IV. La Nostra Proposta Ecumenica
V. I Rapporti Con L’Ebraismo
VI. I Rapporti Con L’Islam
VII. I Rapporti Con Le Altre Religioni
CIO CHE DIVIDE PROTESTANTI E CATTOLICI ROMANI
34. La storia dei rapporti tra cattolicesimo e protestantesimo fino
ad oggi ha dimostrato che il protestantesimo non è
semplicemente un cattolicesimo riformato ma una forma di
cristianesimo storico al tempo stesso originale e originaria, che
affonda le sue radici in precisi elementi della rivelazione
biblica. Cattolicesimo e protestantesimo sono però entrambi
grandezze storiche, quindi non statiche ma in movimento e
soprattutto esposte ai mutamenti che la libera e sovrana Parola di
Dio vorrà imprimere loro nel prossimo futuro.
Al momento attuale, dopo svariati e approfonditi dialoghi teologici
che hanno contribuito a sgombrare il campo (e gli animi !) da
pregiudizi e fraintendimenti ma anche da risentimenti atavici e
avversioni quasi viscerali, sembra che i motivi di divisione tra
cattolici e protestanti si possano raccogliere intorno a due poli,
uno ecclesiologico ed uno etico, dietro ai quali, ovviamente, ci
sono divergenze di indole teologica. Tra queste appare oggi ancora
fondamentale quella che fu all’origine della Riforma stessa : il
primato della Scrittura, cioè la sua autorità
superiore a qualunque altra istanza all’opera nella chiesa
(tradizione e magistero in particolare). La fede evangelica, che
dall’affermazione del primato della Scrittura è nata, lo
mette in luce come una bussola per ogni chiesa e per il movimento
ecumenico nel suo insieme. Nel cattolicesimo romano odierno
è in atto una rinascita di interesse e amore per la Bibbia
che è carica di promesse e potrà cambiare molte cose.
Ciò nondimeno non si può dire che l’autorità
della Scrittura sia sovrana nel cattolicesimo e ne governi la
predicazione e l’insegnamento.
35. La giustificazione per sola grazia mediante la fede è un
annuncio fondamentale del Nuovo Testamento, e quindi il criterio
irrinunciabile per le nostre chiese: la classica divergenza in
proposito è attualmente oggetto di dialoghi
interconfessionali e sembra emergere a livello teologico un
consenso sul fatto che l’uomo riceve la salvezza come puro dono di
Dio, senza alcun apporto umano. Tale consenso ci sembra però
inficiato dalla persistente teologia dei meriti e
dall’intercessione dei santi, dall’offerta di indulgenze e dalla
richiesta di altre prestazioni meritorie.
36. Ma torniamo alla divisione tra cattolici e protestanti e ai
luoghi in cui si manifesta. Illustriamoli brevemente.
È soprattutto sulla Chiesa che il contrasto teologico resta
vivo. Il cattolicesimo concepisce la chiesa come un organismo
strutturato gerarchicamente , che attua nel suo seno, come ha
ribadito il Concilio Vaticano II, una comunione gerarchica. Noi
invece affermiamo che la Chiesa è la comunità di
fratelli [e sorelle] in cui Gesù Cristo è presente e
agisce come Signore nella Parola e nel sacramento per mezzo dello
Spirito Santo (Dichiarazione teologica di Barmen, tesi 3, Barmen
1934).
Il cattolicesimo interpreta e spiega il cristianesimo, e quindi
anche la Chiesa e il culto, in termini prevalentemente
sacramentali. Noi invece intendiamo il cristianesimo come fatto
essenzialmente kerygmatico (cioè come una buona notizia da
annunciare, credere e vivere) e di conseguenza affermiamo la
centralità della Parola di Dio e vediamo la Chiesa
essenzialmente come sua testimone mediante l’annuncio e il
servizio. Ci rendiamo conto, ovviamente, del carattere schematico
di queste affermazioni. Sappiamo che le posizioni degli uni e degli
altri sono più complesse, articolate e sfumate. Riteniamo
però che la linea di divisione tra cattolicesimo e
protestantesimo si situi tra le antitesi ora indicate.
37. Va detto e ripetuto, a questo punto, che oggi le
sensibilità confessionali sono molto diverse all’interno non
solo di ogni chiesa ma anche di ogni comunità locale,
così come diversi sono i livelli di maturazione della
coscienza ecumenica, secondo i diversi contesti storico-culturale e
le diverse geografie religiose in cui le comunità cristiane
vivono ed operano. Bisogna inoltre tener conto del notevole divario
che sovente sussiste tra i pronunciamenti ufficiali del magistero
cattolico romano e convinzioni e comportamenti largamente presenti
nella base cattolica. Perciò non si danno risposte univoche
alla domanda : che cosa divide oggi cattolicesimo e protestantesimo
e impedisce la loro comunione ? Ciò nondimeno la divisione
sussiste, malgrado i notevoli progressi compiuti dal movimento
ecumenico e i cambiamenti che esso ha introdotto nelle due
confessioni a livello teologico, psicologico e pratico. Come
s'è detto, la divisione affonda le sue radici in una diversa
comprensione ed esperienza della chiesa, dietro e dentro la quale
si cela o può celarsi una diversa qualità del
rapporto con Dio, con il mondo e con se stessi. In concreto,
cioè nel vissuto della fede, la divisione si consuma (per
così dire) - oltre che intorno ad un certo numero di
questioni etiche accennate sopra - intorno ad alcuni classici
luoghi teologico-spirituali, di cui i maggiori sono quattro: il
ministero, il papato, la mariologia, la devozione
eucaristica.
38. Sul ministero le nostre chiese, come tutte quelle nate dalla
Riforma del XVI secolo o che ad essa si richiamano, condividono
fino in fondo la dottrina del sacerdozio universale dei credenti
secondo la quale - per riprendere le classiche formulazioni di
Lutero - tutti i cristiani appartengono realmente allo stato
sacerdotale, e non c'è tra loro alcuna differenza che non
sia quella del compito proprio di ciascuno, come dice Paolo in I
Corinzi 12, che tutti insieme siamo un unico corpo, ma ogni membro
ha un suo ufficio particolare con cui essere utile agli altri; e
ciò avviene perché tutti abbiamo uno stesso
battesimo, uno stesso evangelo, una stessa fede, e siamo tutti
cristiani allo stesso modo, perché sono il battesimo,
l’evangelo e la fede che - soli - rendono il popolo cristiano e ne
fanno un popolo sacerdotale... Noi tutti infatti siamo consacrati
sacerdoti mediante il battesimo... Ne deriva che tra laici e preti,
prìncipi e vescovi, e - com'essi dicono - clero e laicato,
non c'è in fondo e in verità differenza alcuna, se
non quella propria all’ufficio e all’opera di ciascuno, e non
già al suo stato, perché tutti appartengono allo
stato sacerdotale e sono realmente sacerdoti, vescovi e
papi....1
Anche il Concilio Vaticano II ha sottolineato con forza il valore
del sacerdozio comune dei fedeli in virtù del battesimo
(Lumen gentium, n. 10) accanto al sacerdozio ministeriale o
gerarchico, affermando che essi sono ordinati l’uno all’altro,
perché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo,
partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo. Il Concilio non ha
però modificato la sostanza della dottrina cattolica secondo
cui tra i due sacerdozi c'è una differenza di essenza e non
solo di grado - e quindi di stato (ibidem), che è proprio il
punto che Lutero e con lui tutte le chiese della Riforma contestano
oggi non meno di allora.
E' vero che il clericalismo può annidarsi in forme diverse
in tutte le chiese, anche nelle nostre, che non ne sono affatto
esenti. E' anche vero che il sacerdozio universale dei credenti
è oggi ancora per molte chiese, le nostre comprese,
più un programma da attuare che una realtà compiuta.
Ciò nondimeno riteniamo che l’unità dei cristiani nel
battesimo significhi anzitutto proprio questo: unità nel
comune sacerdozio cristiano, pur nella distinzione delle funzioni
di ciascuno. Questa distinzione non può però mai, in
nessun caso e per nessun motivo, dar luogo tra battezzati a una
differenza di essenza o di stato, che conferirebbe al sacerdozio
ordinato un potere sacro (sacra potestas). Inoltre, l’unità
di tutti nel sacerdozio regale (I Pietro 2, 5.9; Apocalisse 1,6)
donato nel battesimo è la ragione di fondo per cui, secondo
le nostre chiese, il ministero ordinato può e deve -
là dove Dio chiama - essere conferito a ogni battezzato,
uomo o donna che sia, ed è per questo che le nostre chiese
riconoscono come dono di Dio il pastorato femminile e lo
attuano.
39. Sul papato, il Sinodo valdese si è pronunciato nel 1995
con un documento al quale rinviamo quanti desiderano conoscere la
posizione delle nostre chiese su questa istituzione così
centrale per il cattolicesimo romano e così problematica per
tutte le altre chiese e confessioni cristiane. Riproduciamo qui
parte del discorso conclusivo : .. per quanto concerne il vescovo
di Roma, può essere utile ripetere che il modo in cui
è stato definito dottrinalmente ed esercitato praticamente
il suo ministero in seno al cattolicesimo lo rende inidoneo a
svolgere una funzione ecumenica. Esiste nell’ecumene la domanda se
un papato concepito e vissuto diversamente potrebbe, domani,
costituire un punto di riferimento per la comunione delle chiese
cristiane. In questa direzione sembra muoversi la Ut unum sint
quando propone di mutare le forme di esercizio del primato. Le
nostre chiese ritengono che un reale mutamento della istituzione
papale debba invece riguardare la sostanza del primato. Sono
inoltre consapevoli del fatto che il problema del papato non
può essere isolato da quello della struttura
gerarchico-sacramentale della Chiesa cattolica romana. Con questo
non intendiamo sottovalutare le potenzialità insite nella
proposta del pontefice ; auspichiamo anzi che le nuove forme di
esercizio del primato che potranno essere elaborate all’interno
della Chiesa cattolica romana possano essere dettate da una
comprensione non autoritaria dei rapporti intraecclesiali. Ogni
ipotesi atta a sbloccare la situazione attuale, e a crearne di
diverse da quelle sin qui conosciute, va infatti salutata con
favore, confidando non in calcoli e strategie suggerite dalla
sapienza umana, ma nell’azione dello Spirito di Dio.
40. Sulla mariologia le nostre chiese condividono la sostanza del
documento intitolato Maria, nostra sorella redatto a conclusione
del convegno organizzato nel 1988 dalla Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia in collaborazione con la Facoltà
Valdese di Teologia. Ne ricordiamo le affermazioni principali
:
a) Il cattolicesimo romano attraverso i suoi pontefici, ha
ripetutamente affermato che la pietà e il culto di Maria
fanno parte integrante del cristianesimo (così come essi lo
intendono) e devono quindi, secondo loro, in prospettiva ecumenica,
diventare patrimonio di tutti i cristiani. In questa linea si
è giunti al paradosso di parlare, da parte cattolica, di
Maria come mater unitatis (madre dell’unità) e di porre
l’intero movimento ecumenico sotto il segno di Maria.
b) La Bibbia parla di Maria. Crediamo che il discorso ecumenico su
Maria debba essere modellato su quello biblico. La Bibbia parla di
Maria come madre di Gesù e come figura di credente : come
tale è degna di onore. In alcuni passi sembra che essa
acquisti un valore simbolico di figura della chiesa o di parte di
essa (Giovanni 19,26-27). Maria resta comunque sempre e
radicalmente creatura : appartiene all’umanità bisognosa di
salvezza e non alla divinità che la elargisce. Non
c'è traccia nella Scrittura, né diretta né
indiretta, di un culto di Maria. Maria viene salutata dall’angelo e
dagli uomini, ma non invocata. Le chiese evangeliche onorano Maria
ma non la invocano, non la pregano.
c) Molti titoli e funzioni attribuiti a Maria sono doppioni
femminili di titoli e funzioni che la Sacra Scrittura riferisce a
Dio o a Cristo (ad es. Maria Madre - Dio - Padre ; Maria, nuova Eva
- Cristo nuovo Adamo ; Maria avvocata - Cristo avvocato), oppure,
più spesso, allo Spirito Santo. Lo sviluppo della mariologia
è senza dubbio dovuto anche a una insufficiente
consapevolezza dell’umanità di Gesù Cristo e della
sua misericordia, e del ruolo dello Spirito Santo. d’altra parte,
nell’esaltazione dogmatica di Maria sembra riflettersi
l’autocoscienza di una chiesa - quella cattolica romana - la cui
funzione attivamente mediatrice nella trasmissione della salvezza
acquista sempre maggiore consistenza. Mentre riconosciamo e
onoriamo in Maria la madre di Gesù e la annoveriamo nella
comunità dei credenti come testimone di Cristo e nostra
sorella in fede, riteniamo che il culto di Maria e tutto ciò
che lo alimenta e accompagna facciano ombra alla centralità,
alla perfezione e all’esclusività dell’opera di Cristo,
unico nome sotto il cielo che sia stato dato agli uomini, per il
quale noi abbiamo a essere salvati (Atti 4,12). Ci sembra che,
malgrado le intenzioni contrarie espresse nella formula per Mariam
ad Christum (= per mezzo di Maria, a Cristo), il culto di Maria non
sia una tappa di un cammino che conduce a Cristo, ma abbia ormai da
tempo un posto autonomo e privilegiato nell’orizzonte della
devozione e della spiritualità cattolica. Il collegamento
con Cristo viene affermato e sottolineato, ciò nondimeno il
culto di Maria vive di vita propria e non è semplicemente un
ponte per condurre le anime a Cristo. Riteniamo che ciò che
di cristiano c'è da pensare e dire intorno a Maria sia
quello che di essa dice la Sacra Scrittura, per cui non possiamo
riconoscere il culto mariano né come necessario né
come legittimo.2
41. Sull’etica, la Chiesa cattolica romana e in particolare il suo
magistero ufficiale ricorrono volentieri e con abbondanza di
riferimenti alla morale naturale che a sua volta si richiama ad una
legge naturale) e poiché il dialogo interconfessionale ha
quasi esclusivamente affrontato questioni controverse di carattere
teologico, trascurando quasi del tutto quelle di carattere etico,
è accaduto che in tempi recenti il contrasto confessionale
si sia manifestato con particolare evidenza proprio su questioni
etiche di varia natura (divorzio, aborto, contraccezione, rapporti
con lo Stato, posizione della Chiesa nella società), sulle
quali le posizioni del magistero cattolico e quelle protestanti
sono molto distanti. Anche alcune delle tematiche emergenti legate
alla bioetica evidenziano sensibilità ed impostazioni
diverse e talora divergenti. E anche se queste divergenze (che oggi
si riproducono anche all’interno delle singole chiese e
confessioni) non devono necessariamente impedire altri livelli di
comunione, almeno parziale, pure quest'ultima è spesso e
seriamente messa a repentaglio e rischia di svanire in presenza di
scelte etiche contrastanti.
42. Vi sono alcuni altri fattori che sono motivi permanenti di
frizione tra la Chiesa cattolica romana e le nostre chiese e in
qualche modo alimentano la divisione o comunque vengono avvertiti
dalle nostre chiese come ostacoli seri a un cammino di
riconciliazione. Ecco i principali :
a) La pretesa della Chiesa cattolica romana di essere, secondo
un’rsquo;espressione classica, mater et caput omnium ecclesiarum (madre e
capo di tutte le chiese). La Sacra Scrittura non riconosce a
nessuna chiesa (neppure a quella di Gerusalemme, che fu la prima,
tanto meno a qualunque altra) il ruolo di chiesa-madre. La
Gerusalemme di lassù ... È nostra madre afferma
l’apostolo Paolo (Galati 4,26). L’unico rapporto tra chiese diverse
che ci sembra ecumenicamente proponibile e costruttivo è
quello di chiese sorelle. Proprio perché le chiese cristiane
sono tra loro sorelle, non ve n'è una (caput) che possegga
un primato sulle altre o possa proporsi come unità di misura
per le altre.
b) Il rifiuto della Chiesa cattolica romana di riconoscere le
nostre chiese come chiese di Gesù Cristo, i nostri ministri
come ministri di Gesù Cristo, la nostra Cena come Cena del
Signore; rifiuto che appare, ad esempio, dall’uso nei documenti
ufficiali del cattolicesimo dell’espressione comunità
ecclesiali per indicare le nostre chiese e nel rifiuto
dell’ospitalità eucaristica, con le stesse
motivazioni.
c) Molte coppie interconfessionali che hanno dato vita a matrimoni
(impropriamente) detti misti hanno sovente difficoltà a
vivere la loro comunione anche sul piano di quel che condividono
della comune fede cristiana, pur nel permanere delle differenze e
divergenze confessionali. E' vero che in questo campo molti
progressi sono avvenuti e un Testo comune al riguardo è
stato approvato dopo un dialogo ufficiale di alcuni anni dalla
Conferenza Episcopale Italiana e dal Sinodo delle chiese valdesi e
metodiste. Ciò nondimeno la legislazione canonica vigente,
pur non ignorando l’esigenza ecumenica, è ancora lontana dal
renderle pienamente giustizia.
43. Siamo dunque, cattolici e protestanti, uniti e divisi allo
stesso tempo. Secondo le diverse esperienze e sensibilità
(che variano grandemente tra le chiese, all’interno di ogni chiesa
e persino in ogni singola comunità) c'è chi
dirà che siamo più uniti che divisi, e chi, invece
sosterrà il contrario.
E' un fatto che non c'è (e non c'è mai stata)
divisione assoluta : possiamo confessare insieme il Credo
niceno-costantinopolitano - pur intendendone diversamente alcune
parti, soprattutto l’articolo sulla chiesa; leggiamo la stessa
Bibbia e, da qualche decennio, possiamo anche leggerla e studiarla
insieme; possiamo dire insieme il Padre Nostro. Ma è anche
vero che non c'è piena comunione. Anzi, fino a oggi,
l’esperienza e la condizione di divisione prevalgono ancor
nettamente, soprattutto nei rapporti tra le istituzioni, su quelle
dell’unità.
44. Quale può essere il prossimo futuro ? E' possibile (e se
sì, a quali condizioni) una riconciliazione tra cattolici e
protestanti che, ovviamente, nel quadro più vasto del
movimento ecumenico, non potrebbe prescindere da una concomitante
riconciliazione con l’Ortodossia ? Vi sono delle tappe intermedie
da percorrere che, senza essere risolutive, possono costituire un
passo avanti verso la meta dell’unità, supponendo che questa
sia veramente, e non solo ufficialmente, desiderata dalle singole
chiese e confessioni? Oppure dobbiamo pensare all’unità
cristiana come a un obiettivo che le chiese non saranno mai in
grado di realizzare nel corso della storia, e che soltanto il
Signore stesso attuerà l’ultimo giorno, tornando, e non
prima?
Non è nostro compito prevedere il futuro. Lo è invece
ubbidire oggi al comandamento concreto che già ha orientato
la missione di Gesù, venuto a dare la sua vita per riunire
in uno i figli di Dio dispersi (Giovanni 11,52) e così
raccogliere le sue pecore in modo che, ascoltando la sua voce, vi
sia un solo gregge e un solo pastore (Giovanni 10,16). La speranza
e l’azione ecumenica si collocano dunque nella scia del movimento
della missione di Gesù, la esprimono e le rispondono.
45. Infine, che cosa pensiamo della Chiesa cattolica romana? La
Riforma del XVI secolo applicò alla chiesa di Roma un
criterio di valutazione analogo a quello che la chiesa di Roma,
attraverso il Concilio Vaticano II, ha applicato alle chiese nate
dalla Riforma, quello cioè della presenza in esse di
vestigia ecclesiae, tracce, orme della chiesa, costituite da
elementi più o meno consistenti di cristianesimo. Noi
potremmo oggi riallacciarci a quella tradizione e formulare a
proposito della chiesa di Roma giudizi identici o simili.
Certamente noi rifiutiamo la pretesa della chiesa di Roma di
possedere la pienezza della grazia e della verità in quanto
avrebbe ricevuto dal Signore stesso tutti i tesori della Nuova
Alleanza, per cui, secondo il Concilio, il valore delle altre
chiese come strumenti di salvezza deriverebbe da quella pienezza
affidata alla Chiesa cattolica (Unitatis redintegratio n. 3).
Così pure non condividiamo la convinzione del Concilio
secondo cui l’unità dell’unica Chiesa, che Cristo fin
dall’inizio donò alla sua Chiesa sussiste senza
possibilità di essere perduta nella Chiesa cattolica romana
(Unitatis redintegratio n. 4). d’altra parte, grazie al movimento
ecumenico siamo entrati in rapporto con molte realtà
cattoliche e abbiamo scoperto la possibilità di una
comunione parziale ma reale sulla base comune della Parola di Dio
condivisa, della fede, dell’amore e della speranza che sono per
tutti i doni maggiori (I Corinzi 12,31), e nella ricerca comune di
una maggiore fedeltà all’unico Signore.
Abbiamo preso atto con gioia del fatto che, a partire dal Vaticano
II, la chiesa di Roma ha accettato la sfida ecumenica e che
è disposta a viverla con noi. Noi siamo disposti a viverla
con lei.
I. I Rapporti Con Le Altre Chiese Evangeliche
II. I Rapporti Con Le Chiese Ortodosse
III. I Rapporti Con La Chiesa Cattolica Romana
- Ciò Che Unisce Protestanti E Cattolici Romani
- Ciò Che Divide Protestanti E Cattolici Romani
IV. La Nostra Proposta Ecumenica
V. I Rapporti Con L’Ebraismo
VI. I Rapporti Con L’Islam
VII. I Rapporti Con Le Altre Religioni

Ciao,
mi chiamo Stefano.
Piemonte Sacro è la mia passione dal 2001.
AIUTA il progetto Piemonte Sacro a crescere
DONA SOLO 2 euro! Te ne sarò GRATO .