Sinodo delle chiese valdesi e metodiste 1998
I. I Rapporti Con Le Altre Chiese Evangeliche
II. I Rapporti Con Le Chiese Ortodosse
III. I Rapporti Con La Chiesa Cattolica Romana
- Ciò Che Unisce Protestanti E Cattolici Romani
- Ciò Che Divide Protestanti E Cattolici Romani
IV. La Nostra Proposta Ecumenica
V. I Rapporti Con L’Ebraismo
VI. I Rapporti Con L’Islam
VII. I Rapporti Con Le Altre Religioni
V. I RAPPORTI CON L’EBRAISMO
51. Il peso del passato. Nei decenni successivi alla seconda guerra
mondiale si è avviato e sviluppato in tutta l’ecumene
cristiana un processo di revisione dei rapporti tra chiese ed
ebraismo.
La riflessione sulla Shoah ha in un primo tempo portato a
riconoscere e confessare la corresponsabilità che, con la
loro partecipazione diretta o la loro acquiescenza, i cristiani
hanno avuto nella persecuzione e nello sterminio degli ebrei ad
opera dei nazisti - sebbene vi siano stati cristiani che hanno
cercato il dialogo e hanno agito a favore degli ebrei perseguitati.
In seguito, si è preso coscienza del peso che il pregiudizio
anti-ebraico ha avuto, attraverso i secoli e fino alla Shoah, nella
teologia, nella predicazione, nella catechesi e nella prassi delle
chiese cristiane.
Le colpe delle chiese durante la Shoah sono apparse legate a questo
secolare insegnamento del disprezzo, nel quale si può
individuare una delle principali cause del moderno antisemitismo.
La riflessione sulla Shoah ha così avviato un processo di
denuncia e di superamento dei tratti anti-ebraici non solo della
prassi, ma anche della teologia e dell’insegnamento
cristiani.
52. Si è anche riscoperta quella che per secoli è
stata una dimensione perduta, anzi negata: il legame profondo che
unisce cristianesimo ed ebraismo, non solo sul piano storico. Una
maggiore considerazione del rapporto tra le due parti del canone
cristiano, dell’ebraicità di Gesù e del disegno
paolinico di Rom. 9-11 hanno condotto a ripensare in modo nuovo il
rapporto tra chiese ed ebraismo, anche riallacciandosi alla
valorizzazione dell’Antico Testamento che ha caratterizzato il
protestantesimo riformato.
Per secoli il cristianesimo ha definito ed etichettato l’ebraismo
con un atteggiamento di contrapposizione polemica. L’ebraismo era
così una realtà spesso misconosciuta, generalmente
sconosciuta. Oggi le chiese avvertono l’esigenza di imparare a
conoscere e riconoscere Israele anche a partire dalla coscienza che
gli ebrei hanno di sé, in tutte le sue articolazioni, nei
termini in cui gli stessi ebrei la definiscono ( ad es. Dio,
popolo, terra) e in tutta la sua articolata complessità, che
traspare già dai molteplici riferimenti che il termine
Israele può avere (il popolo eletto in senso teologico; lo
stato ebraico in senso politico; il popolo che, religiosamente, si
esprime nelle varie correnti e comunità che lo
caratterizzano oggi in Israele e nella diaspora ecc.). Alle
definizioni stereotipate e caricaturali (a cominciare
dall’interpretazione schematica ed ideologica delle pagine critiche
o polemiche del Nuovo Testamento) si è venuto sostituendo un
interesse per la conoscenza dell’ebraismo e per il dialogo con gli
ebrei e la loro tradizione.
Si è preso coscienza del fatto che, alla luce della
testimonianza biblica, il rapporto tra chiesa e Israele si colloca
su un piano diverso da quello del rapporto con le altre
religioni.
53. Verso una nuova comprensione cristiana di Israele. Il cammino
intrapreso con la riflessione successiva alla Shoah è solo
agli inizi. Esso appare come una vera e propria svolta, destinata
ad incidere profondamente nella prassi e nella teologia. Se sono
sufficientemente chiare le posizioni da cui è necessario
prendere risolutamente le distanze, appena abbozzate sono le
formulazioni con cui esprimere in modo nuovo il rapporto tra chiesa
e Israele.
Nella loro riflessione, le singole chiese non procedono
isolatamente, ma ciascuna può avvalersi del contributo delle
altre. Pensiamo in particolare ai numerosi documenti di chiese
sorelle5 e alla riflessione svolta nell’ambito del Consiglio
Ecumenico delle Chiese.6 54.Nel
cammino fin qui percorso dall’ecumene, in particolare protestante,
sono da segnalare soprattutto le seguenti affermazioni, nelle quali
si esprime l’odierna visione protestante dei rapporti tra chiesa e
Israele, come essa appare nei documenti citati.
a) Il Dio di Gesù è il Dio di Israele, da Abramo a
oggi. Ebrei e cristiani parlano dello stesso, unico Dio. Opporre il
Dio di Israele (o dell’AT o giudice ) al Dio di Gesù (o del
NT o misericordioso) non ha fondamento biblico.
b) Gli ebrei attraverso la tradizione rabbinica (in particolare il
Talmud), i cristiani attraverso il Nuovo Testamento, radicano la
propria fede e la propria azione nelle Scritture d’Israele,
l’Antico Testamento del canone cristiano. Il confronto di letture
per secoli distinte, quando non contrapposte, è
spiritualmente fecondo in quanto può approfondire la
comprensione delle Scritture comuni.
c) E' da respingere l’idea che l’elezione della chiesa abbia
annullato l’elezione d’Israele. La chiesa, eletta in Gesù
Cristo, è stata inserita nell’alleanza di Dio con il suo
popolo. Per questo non si può dire che la chiesa abbia
soppiantato Israele come popolo di Dio.
d) Alla visione secondo cui Israele sarebbe stato respinto da Dio,
viene opposto il riconoscimento che Israele continua a vivere del
patto (promessa e vocazione) stabilito da Dio con i padri e mai
revocato. La durevole esistenza del popolo d’Israele appare in
questa prospettiva come un segno della fedeltà di Dio alle
sue promesse.
e) La chiesa, confessando Gesù Cristo quale Messia d’Israele
e Salvatore del mondo, riconosce in lui colui che congiunge i
popoli del mondo con il popolo di Dio. La fede in Gesù come
Salvatore delle genti, biblicamente intesa, non ci separa da
Israele né ci oppone ad esso, per cui nessuna
ostilità contro il popolo ebraico può essere motivata
con il nome di Gesù.
f) La chiesa e il popolo d’Israele sono chiamati, ognuno secondo la
propria vocazione, a credere nell’unico Dio, a servirlo e a
rendergli testimonianza nel mondo. Nell’accogliere la rispettiva
vocazione, superato da parte cristiana il tradizionale
atteggiamento polemico quando non denigratorio, chiesa e Israele
possono scoprire il dialogo, la preghiera solidale, il confronto
fraterno. Nell’ecumene evangelica, è oggetto di discussione
come possa configurarsi la testimonianza nei confronti d’Israele,
tra dialogo solidale e annuncio. In ogni caso, tutti convengono sul
fatto che il rapporto tra chiesa ed Israele è una
realtà del tutto particolare, diversa da quella del rapporto
con le religioni o le culture.
g) La chiesa riconosce di avere in comune con Israele l’attesa del
Regno di Dio e la speranza, che fonda e qualifica l’impegno per la
giustizia e la pace da parte di cristiani ed ebrei.
55. Domande aperte. Il processo di ripensamento e il dialogo devono
essere sviluppati in due direzioni.
Da un lato, le chiese hanno il compito di diffondere al loro
interno e radicare a tutti i livelli (teologia, catechesi,
predicazione) le acquisizioni che sono il frutto di un dialogo
ormai pluridecennale. La critica all’antiebraismo del passato e la
ricerca di un nuovo rapporto con Israele non possono rimanere
circoscritte a una piccola élite, ma devono entrare a far
parte della comune coscienza cristiana.
d’altro lato, molte questioni teologiche devono ancora essere
approfondite. Non basta fermarsi alla denuncia di posizioni oggi
non più accettabili, occorre giungere a convincenti
formulazioni positive.
A titolo di esempio, si possono menzionare i punti seguenti,
affrontati con posizioni diverse anche all’interno del mondo
evangelico:
a) Come si configura il rapporto tra il patto non disdetto con
Israele e il patto in Cristo?
b) Quali sono il valore, il significato e il ruolo della Legge per
ebrei e cristiani?
c) Qual è oggi la lettura cristiana delle Scritture che
chiesa e Israele hanno in comune? Come si articolano tra loro
l’attenzione alla specificità dell’Antico Testamento e la
confessione che l’opera di Cristo è secondo le
Scritture?
d) Qual è il significato delle promesse bibliche ad Israele,
in particolare di quella della terra, e quale il loro rapporto con
il ritorno di ebrei nella loro terra e la costituzione dello stato
d’Israele?
e) Qual è il rapporto tra la confessione di fede trinitaria
nell’unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e il monoteismo
ebraico?
f) Qual è il rapporto tra la concezione ebraica e quella
cristiana della condizione umana e della salvezza? Fede e opere,
libertà umana ed iniziativa di Dio, grazia e merito, peccato
e libero arbitrio, sono alcuni dei termini intorno a cui si
è tradizionalmente svolto il confronto tra le rispettive
posizioni.
g) Come affrontare la cristologia in un atteggiamento di dialogo
con Israele e senza attenuare la confessione della nostra fede in
Gesù come Salvatore di tutti?
56. Nella specifica situazione italiana, occorre rivisitare le
storie parallele delle minoranze ebraica ed evangelica,
caratterizzate da sensibilità assai prossime, da episodi di
dialogo, solidarietà ed impegno comune in favore della
libertà, in primis religiosa. In questo passato si trovano
radici significative per il dialogo di oggi.
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