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La storia del Monastero di Bose

La comunità di Bose

Fu il bisogno di vivere in modo radicale il desiderio e l’attesa delle promesse del regno a condurre il fondatore della comunità, fr. Enzo, allora studente universitario presso la Facoltà di economia e commercio dell’Università di Torino, a riunire in maniera regolare, a partire dal 1963, nel suo appartamento torinese di via Piave 8, un piccolo gruppo di giovani cattolici, valdesi e battisti. Così, essi iniziarono a leggere insieme settimanalmente la Scrittura, a incontrarsi ogni sera per la preghiera delle ore e a condividere, come gruppo legato alle domus della Pro Civitate Christiana, la celebrazione eucaristica domestica, nella consapevolezza che soltanto facendosi poveri e piccoli, nell’ascolto e nella condivisione, si sarebbe potuti diventare quel piccolo gregge destinatario delle promesse del Signore.

Fu in quel contesto che per alcuni membri del gruppo andò maturando e precisandosi una vocazione comunitaria nel celibato. Fr. Enzo decise allora di scegliere un luogo di incontro fuori Torino, un luogo in disparte, nella solitudine, che servisse di riferimento per tutti e in cui fosse possibile iniziare una vita fraterna. Individuata e affittata una povera casa a Bose, frazione del comune di Magnano, sulla grande morena tra Ivrea e Biella, il gruppo degli amici di via Piave organizzò un campo di lavoro per restituire dignità alla bellissima chiesa romanica di San Secondo, situata a poche centinaia di metri dalla cascina di Bose. Fu l’ultima attività comune del gruppo torinese: quando fr. Enzo decise di stabilirsi in quella povera casa (Bose era allora una località molto isolata e priva di elettricità, di fognature e di acquedotto), rimase solo. Qualcuno del gruppo di via Piave continuerà a fargli visita, e volti nuovi si affacceranno per cercare una vita in disparte e un luogo di preghiera.

Di fatto, però, dal suo trasferimento a Bose, avvenuto l’8 dicembre 1965, giorno di chiusura del concilio Vaticano II, fr. Enzo si trovò a vivere quasi tre anni di profonda solitudine. Anni preziosi, dedicati da un lato alla preghiera e all’accoglienza di coloro che di quando in quando passavano da Bose per un momento di silenzio e di ascolto della Parola, dall’altro all’approfondimento della propria vocazione, sia attraverso visite e periodi di soggiorno in monasteri cattolici (presso i trappisti di Tamié), ortodossi (al Monte Athos) e riformati (a Taizé, comunità allora interamente composta di riformati), sia grazie ai colloqui e all’amicizia con figure di grande levatura spirituale, come padre Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino, e l’indimenticabile patriarca di Costantinopoli Athenagoras.

Al peso della solitudine si aggiunse presto l’incomprensione del vescovo locale, che il 7 novembre del 1967 proibì qualsiasi celebrazione liturgica pubblica presso la cascina di Bose, a motivo soprattutto della frequente presenza di non cattolici tra gli ospiti di fr. Enzo. A questo provvedimento, così come alla perdurante solitudine, si fece piena obbedienza, pur nella grave sofferenza, nella convinzione che quel germe di vita avrebbe avuto senso solo se fosse cresciuto nella chiesa. Sarà padre Pellegrino a far rimuovere l’interdetto, salendo a Magnano il 29 giugno 1968 per un incontro sul tema "Il primato di Pietro" e celebrando in quell’occasione l’eucaristia con quanti si trovavano riuniti a Bose.

Pochi mesi dopo, nell’ottobre 1968, terminava la lunga vigilia: due giovani cattolici (Domenico Ciardi e Maritè Calloni) e un pastore riformato svizzero (Daniel Attinger) decidevano di unirsi a fr. Enzo per iniziare una vita comunitaria, assieme a una sorella della comunità riformata di Grandchamp, richiesta da fr. Enzo alla priora della comunità, sr. Minke De Vries.

Suscitato e sostenuto dalla Parola di Dio, questo nucleo iniziale cercò subito le proprie radici nell’alveo della tradizione monastica, trovando così, come compagni, una grande nube di testimoni che lo avevano preceduto nel medesimo cammino cercando di tradurre le esigenze del radicalismo evangelico nella storia, in luoghi, circostanze ed epoche diverse, ma sulle tracce dell’unico Signore e Pastore di ogni "piccolo gregge".

Il 22 aprile del 1973, all’alba di Pasqua, dopo l’approvazione della Regola di Bose, avvenuta nel capitolo del 4 ottobre 1971, e la conferma ricevuta dal card. Pellegrino, e dopo un ulteriore tempo di preparazione, ebbe luogo la professione dei primi sette fratelli, davanti a Dio e ai rappresentanti delle chiese cristiane dalle quali essi provenivano e alle quali continueranno ad appartenere. L’impegno definitivo assunto sarà alla vita comune e al celibato, nella convinzione che l’impegno alla povertà e all’obbedienza è già insito nelle promesse fatte da chiunque abbia ricevuto il battesimo, unica e definitiva consacrazione a Dio del cristiano.

La comunità è radicata nella chiesa locale in cui il Signore l’ha voluta e svolge un ministero tipicamente ecclesiale sia all’interno della propria diocesi di appartenenza che in altre chiese locali: predicazioni, ritiri spirituali, pubblicazione di sussidi biblici, di collane di spiritualità, di testi ebraici e patristici.

Dal 1994, come segno dell’attenzione verso la chiesa locale di Assisi e alla ricerca di una più profonda comprensione della povertà, la comunità ha aperto una fraternità presso l’Abbazia di San Benedetto al Subasio, nella quale vivono tre sorelle. Una fraternità maschile è stata aperta nel 1997 a Ostuni, in una regione nella quale fin dagli inizi della storia di Bose si sono stretti profondi legami di amicizia.

Per approfondire le radici ebraiche del cristianesimo e per allargare la propria comprensione delle Scritture comuni a cristiani ed ebrei, dal gennaio 1981 la comunità è presente con una fraternità a Gerusalemme, nella quale vivono tre fratelli, un pastore riformato e due cattolici, che si sforzano di testimoniare la tensione verso la pace e l’unità proprie della fede cristiana, nella città simbolo delle contraddizioni fra le chiamate di Dio e le risposte dell’uomo.

La presenza a Gerusalemme è altresì l’occasione per contatti e scambi fraterni con le altre chiese presenti in Israele. Nei confronti di tutte le chiese cristiane la comunità di Bose cerca di essere un segno di unità in una ricerca del patrimonio spirituale comune. Per questo essa aveva già promosso nel 1973 la creazione di una fraternità nel cantone svizzero di Neuchtel (rimasta aperta fino al 1978), per testimoniare la possibilità di comunione e di collaborazione fra cattolici e riformati.

Nell’intento di servire le altre chiese imparando anzitutto ad ascoltarle e a conoscerle, dal 1993 la comunità organizza i Convegni ecumenici internazionali di spiritualità russa, che si svolgono a Bose tutti gli anni nel mese di settembre e offrono l’occasione a studiosi ortodossi e di altre confessioni cristiane di incontrarsi per accrescere la comunione attraverso la conoscenza reciproca e l’approfondimento dei tesori spirituali delle tradizioni proprie di ciascuno. Con spirito analogo, dal 1996 la comunità ha iniziato a promuovere una serie di convegni sulla spiritualità della Riforma, in collaborazione con le facoltà protestanti di Neuchgtel e di Strasburgo.

Cosciente di essere peccatrice, la comunità si guarda dal criticare con grettezza e meschinità le miserie della chiesa, ma in forza dell’Evangelo, che è potenza di Dio, osa umilmente ma fermamente richiamare se stessa anzitutto, e tutti coloro che le chiedono una parola, alla vigilanza contro le tentazioni antievangeliche che essa discerne nella chiesa e nella storia.

http://www-1.monasterodibose.it/



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