Augusta, 31 ottobre 1999
4.6 La certezza della salvezza
34. Insieme confessiamo che i credenti possono fare affidamento
sulla misericordia e sulle promesse di Dio. Anche nella loro
debolezza e nelle molteplici minacce che mettono in pericolo la
loro fede, essi possono contare, in forza della morte e della
resurrezione di Cristo, sulla promessa efficace della grazia di Dio
nella Parola e nel sacramento ed essere così certi di questa
grazia.
35. I riformatori hanno accentuato in modo particolare il fatto
che, nella prova, il credente non deve rivolgere lo sguardo a se
stesso, ma a Cristo e fare affidamento in modo totale soltanto su
di lui. Riponendo così la sua fiducia nella promessa di Dio,
egli è certo della sua salvezza, mentre non ne è mai
certo se guarda a se stesso. 36. I cattolici possono condividere
l’orientamento dei riformatori che consiste nel fondare la
fede sulla realtà oggettiva della promessa di Cristo, a
prescindere dalla personale esperienza e nel confidare unicamente
nella promessa di Cristo (cfr. Mt 16, 19 ; 18, 18). Con il Concilio
Vaticano II, i cattolici affermano che credere significa
abbandonarsi interamente a Dio,[19] che ci libera dalle tenebre del
peccato e della morte e ci desta alla vita eterna.[20] In questo
senso l’uomo non può credere in Dio e
contemporaneamente ritenere che la sua promessa non è
affidabile. Nessuno può dubitare della misericordia di Dio e
del merito di Cristo, allorché ciascuno può temere
per la sua salvezza se considera le sue debolezze e le sue
mancanze. Il credente, proprio conoscendo i suoi fallimenti,
può essere certo che Dio vuole la sua salvezza (cfr. fonti
del cap. 4.6).
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