l’abbazia di Santa Fede in Cavagnolo
Voluta dai monaci Benedettini di Saint-Foy-de-Conques (Alvernia-Francia), venne edificata probabilmente a partire
dalla metà del XII sec. presso un santuario già dedicato a Santa Fede, fanciulla martirizzata nel 303 ad Agen,
in Aquitania, sotto Diocleziano.
Nascosta da un grande edificio che sorse in luogo del chiostro e delle celle monastiche, la piccola chiesa
abbaziale, che rappresenta ciò che ormai rimane del cenobio, fu probabilmente edificata su un edificio religioso
preesistente di epoca longobarda, risalente all’VIII secolo. l’aspetto della chiesa attuale, in ogni caso, è
affine a molte pievi astigiane e monferrine (S. Secondo di Cortazzone, S. Lorenzo in Montiglio), nonché alla
più famosa chiesa dei SS Nazzaro e Celso a Montechiaro d’Asti.
L’abbazia di Cavagnolo, ricca di beni e di fattorie dislocate nelle vicinanze, in ogni caso fu, fino al XV
secolo soggetta a quella di Conques, quindi passò sotto la giurisdizione del Vescovo di Casale Monferrato e
vi rimase, amministrata dai suoi commendari, fino alla fine del primo trentennio del `700. In questo stesso
periodo, a seguito di alcuni anni in cui fu solo più considerata una piccola chiesa campestre e con funzioni
di cappella cimiteriale, vi vennero effettuati profondi interventi di rimaneggiamento, che ne stravolsero la
fisionomia e lasciarono intoccata solo la chiesa. Nella ristrutturazione del monastero, infatti, furono
edificate nuove strutture che nascosero la parte absidale della chiesa ed occuparono le aree in cui sorgevano
il chiostro, le celle ed il cimitero. A fine `800 entrò nelle disponibilità dell’ordine dei Padri Maristi e
nuovamente subì pesanti restauri. Oggi fa parte della parrocchia dei Santi Eusebio e Secondo in Cavagnolo.
Massima espressione del romanico in Piemonte, la chiesa di Santa Fede manifesta tutta la sua forza negli
ornamenti scultorei che ornano la facciata ed in particolare il portale. La facciata si rivela particolarmente
suggestiva per la bicromia che la caratterizza, conferitale dal rosso del mattone e dal bianco dell’arenaria,
tipica del Monferrato astigiano, con cui sono realizzati i fregi.
La facciata della chiesa, il cui aspetto suggestivo è concentrato, come detto, principalmente nella porta
centrale di ingresso, fa intuire la presenza, all’interno, di due piccole navate laterali e di una più grande
nave centrale. Il portale, sorretto da due colonne a capitello corinzio, presenta un gran numero di elementi
simbolici principalmente zoomorfi, tra le quali risultano particolarmente evidenti il bue ed il leone
accovacciati al sommo dei due capitelli suddetti ed i due grifoni posti simmetricamente ad un livello più
elevato, poco sopra altrettanti talamoni che oggi han perso la funzione che probabilmente avevano nella
configurazione precedente della facciata. Altrettanto si può dire per le due più grandi colonne corinzie,
affiancate ai lati del portale ed oggi culminanti in modo incoerente al termine della parte realizzata in
arenaria. Al centro della lunetta un Cristo Pantocratore affiancato da angeli che sorreggono la mandorla in
cui è inserito.
Interessante anche il campanile a pianta quadrata che non corrisponde a quello originale, tuttavia la sua
esistenza ricorda architetture tipicamente francesi di stampo cluniacense.
All’interno, assai disadorno, le tre navate fanno capire che un tempo esse erano probabilmente culminanti
con altrettanti absidi di dimensioni adeguate alla loro struttura. Di essi oggi soltanto l’abside centrale
è rimasto integro, illuminato da tre piccole monofore disposte simmetricamente. Le sei campate che dividono
le navi sono sorrette da pilastri in pietra, appoggiati a semicolonne culminanti con capitelli a motivi
antropo e zoomorfi. Come la facciata, anche l’interno è caratterizzato da una rigorosa bicromia, che gli viene
conferita dagli archi in mattoni e dalle volte a crociera ed i pilastri in arenaria.
Nel XVIII secolo viene considerata soltanto più un piccola chiesa campestre e con funzioni di cappella
cimiteriale e per tanto in uno stato di abbandono quasi totale. Nel 1584 il Monastero viene a ritrovarsi
disabitato. All’inizio del XVII secolo si cominciano dei lavori di restauro di tutto il complesso
monastico. Durante i lavori di restauro vengono costruiti altri edifici che insistono sulla parte sud della
chiesa e così viene compromessa la vista della parte absidale e i resti medievali dell’abbazia. Con l’eliminazione
degli ordini religiosi a metà ottocento il sito diventa proprietà dello stato, in seguito viene acquistato da
privati e per un certo tempo viene usato come ricovero per animali o magazzino. Il recupero di tutto il
comprensorio si deve a don Frattini, sacerdote del Cottolengo. Nel 1895 i padri Maristi acquistarono l’abbazia e
tutto il comprensorio e adibirono il monastero come casa d’accoglienza. Nel 1953 la Soprintendenza ai Monumenti
fece restaurare la parte esterna dell’abbazia (muri, facciata e copertura del tetto).
Accesso: Si raggiunge utilizzando l’Autostrada A 4 Torino-Milano fino al casello di Chivasso centro,
quindi con la S.P. 91 fino ad attraversare il Po nei pressi di Verolengo. Qui si volge a sinistra e con la S.P. 590,
in direzione Brusasco, si raggiunge Cavagnolo. l’abbazia è appena fuori del paese (Km 44 da Torino).
©PIEMONTESACRO.IT. Tutti i diritti riservati.
Testo e foto di Gian Vittorio Avondo. Pubblicato il 24.01.2020
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