Ebook - Rivista Di Pastorale Liturgica
Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
Pagine:
Ean: 2484300025570
Prezzo: € 6.00
Descrizione:
INDICE
Editoriale
P. Sorci
La lezione della pandemia
Studi
D. Balocco
La trascendenza in una stanza
L. Monti
Pregare nella sofferenza:
dai salmi a Gesù
E. Mazzon
La corporeità medicina dell’anima
C . Arice
Visitare gli infermi
R . Grimaldi
Visitare i carcerati
M. Gallo
Chi benedice colui che benedice?
R . Barile
Le parole dei riti
Esperienze
G. Ghisolfi
Celebrare con i carcerati
Formazione
M. Gallo
Schede
6. Preghiere e messe di guarigione
G. Tornanbè
Pietà popolare e liturgia
6. Nuova evangelizzazione e pietà popolare
Sussidi e testi
R. Barile
Dalla Parola alla intercessione
2. Preghiere dei fedeli
per la Quaresima
Segnalazioni
Indice 2020
EDITORIALE
Pietro Sorci
La lezione della pandemia
Quando fu progettato e programmato questo fascicolo della rivista nessuno prevedeva lontanamente quanto sarebbe successo nei primi mesi del presente anno con il Covid 19, che ha costretto centinaia di milioni di persone, credenti e non credenti di tutto il pianeta, alla quarantena e all’isolamento. La sofferenza si è fatta sentire particolarmente dai cristiani di ogni confessione per i quali riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale è costitutivo del loro essere chiesa. Essi sono stati costretti a rinunciare alle assemblee liturgiche, con l’impiego dell’intera corporeità e di tutti i codici del rito: raduno, ascolto, parola, canto; esercizio dei sensi: vista, tatto, olfatto, gusto; gestualità, atteggiamenti del corpo, movimenti processionali, offerta, comunione. La sofferenze si è fatta sentire particolarmente nell’impossibilità di celebrare i riti della Pasqua, epifania del corpo ecclesiale, con tutte le manifestazioni della pietà popolare che in questi giorni pullulano in tutto il nostro paese, soprattutto nell’Italia meridionale. I pastori si sono adoperati con grande fantasia, non sempre illuminata, per la verità – portare per le strade da soli l’ostensorio con il Santissimo Sacramento benedicendo chi si affacciava dalla finestra (?), e trovate simili – per rendere possibile un minimo di partecipazione, presiedendo assemblee virtuali, rappresentate da qualche ministrante e offrendo a chi voleva la possibilità di seguire in streaming la celebrazione della liturgia delle Ore e soprattutto quella dell’eucaristia domenicale e quelle del triduo pasquale. La dolorosa esperienza ci ha costretto ad aprire gli occhi sul fatto che le situazioni di sofferenza e di povertà che richiedono un adattamento creativo della liturgia non sono estranee a nessuno, e costituiscono una straordinaria lezione per i casi contemplati dal presente fascicolo. Premesso che non c’è soltanto la messa e che la partecipazione consapevole, attiva e piena, interiore ed esteriore alle azioni liturgiche, costitutiva della liturgia, che è azione di Cristo e della chiesa, in forza dell’iniziazione è diritto e dovere di ogni battezzato, che per ritus et preces entra nel mistero pasquale contenuto di ogni celebrazione, per cui la celebrazione esige la presenza partecipe dell’assemblea, l’impossibilità fisica di partecipare pienamentenon esime dal ricorrere a tutti i mezzi che non pregiudichino la natura della liturgia – azione di Cristo mediatore tra Dio e gli uomini, che attraverso azioni simboliche rituali attua il suo mistero pasquale – e siano rispettose delle persone. Perciò, fatta salva la liberta di Cristo, che in forza dell’incarnazione rispetta certamente la grammatica ecclesiale e rituale, ma non è costretto dentro di essa e, in presenza della fede, può comunicare se stesso e il suo Spirito anche prescindendo dai riti, è dovere della comunità cristiana facilitare in ogni modo la partecipazione possibile, in ogni situazione, venendo incontro in modo particolare a coloro che a causa di limitazioni sono in situazione di sofferenza: detenuti, disabili, malati di depressione, malati di Alzheimer, malati terminali, inventando i modi più adatti per renderli soggetti attivi. Le celebrazioni presiedute da papa Francesco viste in televisione con la traduzione simultanea nel linguaggio dei non udenti costituiscono un incoraggiamento ad osare. Ciò che conta è la convinzione del dovere che ha la Chiesa di venire incontro a tutte le umane povertà. Il rituale dell’Unzione e della Cura pastorale degli infermi offre in proposito una lezione di metodo, quando afferma che i malati, qualunque sia lo stato della loro infermità, non sono soltanto oggetto di cure, ma hanno nella chiesa una missione da compiere e una testimonianza da offrire: rammentare a chi è in salute che ci sono beni essenziali e duraturi da tener presenti, e che solo il mistero della morte e risurrezione di Cristo può redimere e salvare questa nostra vita mortale (SUCPI 3). Questo principio vale per tutti coloro che si trovano in situazione di particolare disagio, soggetti a qualunque limitazione e povertà: essi sono soggetti attivi della chiesa. Da ciò deriva il diritto a un adattamento della liturgia alla loro particolare situazione. Il rituale raccomanda poi di prestare attenzione, nella celebrazione con gli infermi, allo stato di prostrazione e agli alti e bassi del loro fisico, anche nel corso della medesima giornata o di una stessa ora. Proprio per questo sarà possibile, secondo i casi, abbreviare la celebrazione (SUCPI 40a) e adattarla alla situazione se il malato è degente in ospedale, e gli altri infermi della sala o della corsia rimangono del tutto estranei alla celebrazione (ibid., 41). Sono tutti suggerimenti preziosi che valgono pure per gli altri casi di sofferenza.
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Editore: Queriniana Edizioni
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Ean: 2484300025495
Prezzo: € 6.00
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Editoriale
2 D. Piazzi
Per tornare alla vita
Studi
4 M. Barbagli
Morire oggi nei paesi occidentali
7 G . Cavagnoli
La morte e il lutto nel RE
11 F. Trudu
I riti esequiali
16 R . De Zan
Il Lezionario delle esequie: teologie bibliche
21 D. Cravero
Esequie e kérygma
26 L . Della Pietra
Riti antichi e nuovi
31 P. Tomatis
Accompagnare e celebrare il lutto
36 E . Massimi
Cantare nelle esequie
Formazione
41 R . Barile
Dalla Parola all’intercessione
1. Avvento e Natale
49 C. Gangemi
Liturgia e disabilità: percorsi
5. Non mi dimenticare
R . Lauricella
54 Pietà popolare e liturgia
5. I presepi viventi
Sussidi e testi
59 G . Cipollone
Parola di Dio e vita del defunto
65 R . Barile
Nuove risorse
per le esequie cristiane
Inserto online
R . Barile
Preghiere dei fedeli per l’Avvento e il Natale
Editoriale
Che «cultura» hanno gli occidentali e quindi, nolenti o volenti, i cristiani occidentali? Che senso danno al nascere, al vivere, al morire? La cartina al tornasole è quasi sempre come si muore e come si supera il lutto. Come è strana la vita: la capisci se non fai della morte una variabile impazzita, ma l’ultima delle tue esperienze. Non sono un sociologo né uno psicologo, ma mi accorgo che tanto dello scenario della morte dai tempi della mia infanzia ad oggi è cambiato, ma nello stesso tempo è rimasto tale e quale. Questo tale e quale è l’uomo, sia pur credente, ma l’uomo che accetta o rifiuta il morire, l’uomo che ascolta o deride le grandi risposte che le religioni sottintendono ai loro riti. Poi l’imprevedibile. Noi, generazione di immortali, siamo stati costretti a fare i conti non solo con l’inevitabile e personale mortalità, ma con l’inenarrabile moria collettiva. Venerdì santo 10 aprile, ore 10.25: in talare perché non sai mai se ti fermano per controlli, vado al cimitero. Scendo dall’auto e davanti al cancello chiuso 7/8 capannelli di parenti… due signore ti chiedono se sei il parroco di… No, non lo sono. Entro. Percorro quasi fino in fondo il camposanto, là nella zona nuova per accogliere le ceneri della zia di miei ex giovani di parrocchia. Quindici minuti: io e tre nipoti. Percepisci il dolore più spesso della nebbia padana d’inverno. Vedi gli occhi bassi e stanchi per le troppe assistenze a esequie accorciate, vedi il rispetto nell’addetto che, senza riti d’ingresso, portali spalancati e suono dell’organo, consegna l’urna ai parenti davanti a un loculo sbrecciato. Eppure si prega; siamo pochi, ma la comunità e la solidarietà nel rito di commiato non è assente. Il salmo, i pochi versetti della Scrittura, l’orazione sulle ceneri, mescolati con il dolore e l’affetto condiviso, parlano, non sono muti e arcaici. Poi si esce, e ti accorgi che in pochi minuti nel corridoio dell’ingresso centrale si sono allineati quattro carri funebri, saluti con un triste cenno del capo i tuoi confratelli, e realizzi che si son celebrati cinque «funerali» contemporanei in un quarto d’ora. È qui che la morte, non la morte del singolo, ma la morte di troppi grida, più che il libro di Giobbe, la non misurabilità del dolore e l’assordante silenzio dell’Eterno, che onnipotente sembra proprio non esserlo. Lì misuri la realtà della notizia che guadagna lo […]
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Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
Pagine:
Ean: 2484300025433
Prezzo: € 6.00
Descrizione:
M. Gallo
Il Messale del Vaticano II
Studi
M. Belli
I paradossi dell’inculturazione
C.U. Cortoni
Modelli di inculturazione liturgica:
la lezione della storia
A . Bucciol
Il Missal Romano in Brasile
B. Mariolle
Francia: il «Rito dei funerali»
M. Klöckener
Le Preghiere eucaristiche «svizzere»
J. B. Likolo
Il Missel Romain per lo Zaire
A . Lameri
Il Messale italiano 2020:
i criteri della traduzione
L . Della Pietra
La traduzione: pregi e criticità
P. Tomatis
La struttura e la grafica
G. Cavagnoli
Le Collette «italiane»
F. Feliziani Kannheiser
La messa dei fanciulli
D. Ekisa – J.-J. Fresnillo
Messali rivisti: esperienze di ricezione
Formazione
E . Massimi
Schede
4. Il canto del presidente
F. Pestelli
Liturgia e disabilità: percorsi
4. La persona disabile: dono o fastidio?
V . Trapani
Pietà popolare e liturgia
4. Canti devozionali e liturgia
Sussidi e testi
S . Sirboni
Dal Messale al rito
D. Piazzi
Che cosa cambia per i fedeli?
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EDIRTORIALE
Marco Gallo
Il Messale Romano
del concilio Vaticano II
1. Inculturazione: un cantiere permanente. Che cosa succede ad una chiesa che riceve una nuova edizione del libro liturgico più importante? Ed in quale contesto della chiesa italiana giunge questo Messale? Il numero di Rivista di pastorale liturgica che i lettori hanno tra le mani è tutto dedicato all’accompagnamento di questo delicato avvenimento. Mentre andiamo in stampa, il Messale 2020 non è ancora apparso ufficialmente, ma per decisione dei vescovi sarà utilizzabile da subito e diventerà obbligatorio tra non molti mesi, il 4 aprile 2021, Pasqua del Signore. I nostri abbonati non troveranno un approccio analitico esaustivo delle quasi 1200 pagine del testo. Rileggiamo invece l’evento sotto la chiave della responsabilità di inculturazione a cui il Messale italiano 2020 risponde. I riti liturgici, al pari di tutte le altre azioni fondamentali del vivere cristiano, intrattengono un rapporto dinamico con le culture: il vivere cristiano non divora la cultura e non ne è divorato. In continuità con una storia della liturgia in cui la questione è sempre stata oggetto di lavoro anche appassionato, questa terza edizione italiana è da accogliere, chiaramente, non come l’apparire di un nuovo Messale, ma come l’approfondirsi dell’inculturazione in Italia del Messale di Paolo VI. 2. Lingua liturgica e ars celebrandi. È bene ricordare che – al pari delle altre lingue volgari – per la prima volta nella sua quasi millenaria storia l’italiano è stato sfidato a diventare ciò che mai è stato: una lingua liturgica per l’eucaristia, e non solo per i sacramentali e la devozione. Dal 1973 ad oggi, non sono ancora del tutto consolidate le strutture del linguaggio liturgico proprio italiano: i livelli necessari con le loro differenze (carattere eucologico, evocativo, informativo, omiletico, meditativo), i toni ed i codici (il silenzio, il canto, il corpo, l’interazione con lo spazio). La lingua non è uno strumento, è un modo dinamico di stare al mondo, di vivere il tempo, di diventare lode del Cristo totale verso il Padre. Al pari della centrale questione linguistica, anche la pratica del celebrare, l’ars celebrandi, ha ancora bisogno di tempi di maturazione. Con una suggestiva immagine, François Cassingena-Trévedy (Te igitur 2007) dice che si passa dal canone dell’obbedienza del celebrante per il Messale di Pio V («un missel-miroir», un vero oggetto transizionale, potentissimo e paradossalmente assente dalla teologia!), al canone della ricerca del celebrante di Paolo VI («un missel- chemin» che è spazioso, lavora sulla comunità e sul presidente). Secondo una felice espressione di Louis-Marie Chauvet, ripresa a sua volta da Jean-Luc Marion, questo spostamento chiede alla comunità celebrante di prendere l’iniziativa e molto lavorare, per poter finalmente perdere l’iniziativa: la partecipazione attiva si rivela nella sua maturità di permettere che si perda il controllo, come avviene nelle azioni vitali, quali l’amare, il generare, il nutrirsi, il danzare. Questo non era immediatamente visibile nel 1969: il Messale italiano 2020 procede delicato e netto su questa faglia linguistica e pratica. 3. Una ricezione obbediente ma tiepida? Progettare una robusta pastorale liturgica. Facendo tesoro di recenti ed analoghe esperienze di altre chiese nazionali, il nuovo Messale in lingua italiana si teme che corra il rischio di essere accolto in modo obbediente (le comunità lo adotteranno) e tiepido (non susciterà molte reazioni). L’impresa ci consegna una nuova edizione di qualità, eppure non così attesa dalle comunità. Pesano tra i tanti motivi, senza dubbio, le non facili vicende dei nuovi Lezionari (2007) e del Rito delle Esequie (2011) – diversa è la storia degli effetti del Rito del Matrimonio (2004) – che hanno registrato più perplessità che entusiasmo, la poca condivisione dei motivi che hanno portato ad una nuova edizione del Messale, forse persino il disagio per una spesa economica. Si tratterà dunque di lasciarsi ispirare da altri progetti (ne troverete di gustosi nella rivista) per progettare una robusta pastorale liturgica, ma anche di saper cogliere lo specifico di questo tempo. Il libro liturgico giunge nelle comunità che celebrano in regime di distanziamento sociale, dovuto alla situazione d’emergenza sanitaria non ancora risolta. Questa situazione rende più difficoltoso il ricorso agli strumenti consueti di istruzione liturgica (convegni, incontri, eventi), ma lascia aperto un ventaglio di esperienze creative possibili, anche in questa stagione di celebrazioni dalla gestualità più sobria e persino innaturale. L’innegabile povertà delle nostre assemblee ad ingresso contingentato, senza tatto, con movimenti rituali ridotti e con una ministerialità impoverita chiede uno straordinario lavoro di creatività e lascia aperti spazi non facili da procurare: la nuova più abbondante ed indispensabile ministerialità di accoglienza, i tempi più distesi della preparazione, di arrivo anticipato nell’aula, la dispersione della schola come lievito nell’assemblea, il rimando dialettico fra strumenti digitali ed azioni in presenza fisica. Questa stagione che si apre è un necessario prolungamento del Movimento liturgico, prolungamento affidato al nostro delicato discernimento.
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Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
Pagine:
Ean: 2484300025396
Prezzo: € 6.00
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Editoriale
2 E. Massimi
La domenica per i cristiani in Europa
Interviste
5 La domenica in Europa
6 A . Haquin
In Belgio
9 F. Wernert
In Francia
13 K.P. Dannecker
In Germania
17 L. Berzano
In Italia
21 J.A. Goñi Beásoain de Paulorena
In Spagna
24 L. Pope scu
In Romania
27 I . Pákozdi
In Ungheria
Postfazioni
29 L. Girardi
Una rilettura teologico-liturgica
34 F. Zaccaria
Una rilettura teologico-pastorale
Formazione
39 E. Beaumer
Schede
3. «Domeniche delle famiglie»
44 A . Meneghetti
Liturgia e disabilità: percorsi
3. Domenica e pastorale inclusiva
49 G. Sgroi
Pietà popolare e liturgia
3. Confraternite e processioni
Sussidi e testi
54 R . Barile
Dal Vaticano II ad oggi.
Magistero e domenica
59 G. Bezze
IC e domenica.
L’esperienza di Padova
Segnalazioni
EDITORIALE
Elena Massimi
La domenica per i cristiani
in Europa
1. Una ricerca commissionata prima dell’emergenza Covid 19. Il presente numero di Rivista di pastorale liturgica esplora come i cristiani (e non), in alcuni Paesi europei e in differenti contesti, sia rurali che urbani, vivono la domenica. In realtà dovremmo dire che vivevano così: la pandemia ha certamente sconvolto ciò che leggiamo nei contributi. Eppure, il tema merita di essere ancora studiato, senza farci catturare completamente dal momento attuale. 2. L’uomo ha smarrito la festa? «Senza la domenica non possiamo vivere »: così testimoniarono i 49 martiri di Abitène che nel 304 preferirono morire piuttosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore. Oggi possiamo fare nostra questa espressione? La domenica rappresenta uno dei nodi pastorali più problematici. La Pasqua settimanale sembra ormai ai margini della società odierna. L’uomo contemporaneo, oscillando tra il lavoro e il tempo libero, ha smarrito il senso autentico della festa. «Si potrebbe definire l’inizio e lo svolgersi della società moderna come l’avvento del tempo vuoto»: scrive A. Rizzi1. I centri commerciali rappresentano i nuovi templi, nei quali di domenica, considerato oramai giorno lavorativo, ci si incontra per consumare2, lontani dalle logiche di gratuità proprie della festa e del rito. Questo numero ci permette di fare il punto sulla situazione, in un certo senso viaggiando nel tempo e nello spazio. 3. La domenica in questo tempo di pandemia. I lettori non troveranno studi dedicati a questo tema nel fascicolo. Ci sembra però possibile raccogliere ora alcuni interrogativi che le riletture affidate a L. Girardi e F. Zaccaria sapranno rintracciare negli approfondimenti svolti. A partire dal nostro contesto eccezionale, dovremmo dunque chiederci: quale sarà il volto delle nostre comunità? Quali le conseguenze del lockdown, del distanziamento, dell’assenza prolungata della celebrazione eucaristica domenicale? Lungi dal fare analisi affrettate, potremmo però, cautamente, tentare di rileggere alcune situazioni intuendo forse possibili sviluppi. 4. La quarantena come grande sabato? In una breve riflessione sul futuro ai tempi del Coronavirus, il filosofo U. Galimberti evidenzia come abbiamo «affidato la nostra identità al ruolo lavorativo. [Per questo il lockdown ha procurato un senso di vuoto e smarrimento – nda] … La sospensione dalla funzionalità ci costringe con noi stessi: degli sconosciuti, se non abbiamo mai fatto una riflessione sulla vita, sul senso di cosa andiamo cercando»3. Ci si chiede quali vie possa aprire una tale situazione, potrebbe forse portare l’uomo contemporaneo a ricercare il senso dell’esistenza, uscendo dalle logiche economiche? 5. Dal digitale al relazionale. Oggi, inoltre, ancor più rispetto a qualche mese fa, la nostra socializzazione è affidata al digitale. Fortunatamente questo, sebbene siamo immersi in una società segnata dall’individualismo, sembra far emergere una nostalgia di «relazioni sociali secondo natura»: vederci sullo schermo non ci basta. Se la situazione descritta rappresentasse l’occasione per individuare possibili vie di accesso per l’uomo contemporaneo al senso profondo della domenica? Relazioni, corpo, ricerca di senso, sono infatti determinanti nelle logiche celebrative e festive. 6. Una migrazione digitale che pare pericolosa. D’altra parte, dobbiamo anche chiederci quali saranno le conseguenze o i rischi che si corrono, con il perdurare di celebrazioni domenicali in streaming. Se, da una parte, si percepisce «la nostalgia di una comunità, di un rito reale, non formale, cui uno partecipa e che gli scandisce la vita, [e] resta il bisogno di un luogo, di un punto di riferimento, di uno spazio, di un ambiente fatto di volti, di un popolo cui si appartiene, anche fisicamente rappresentato»4, dall’altra forse l’assenza prolungata di celebrazioni reali potrebbe anche condurre ad una disaffezione per la messa domenicale. Un dato interessante, a tale proposito, è come prevalgano nella popolazione più i segni di fede che di indifferenza religiosa. Nell’attuale emergenza sanitaria un quarto degli italiani ha l’esigenza di una vita spirituale più forte, che porta ad un incremento della preghiera. Nota Garelli, però, come «la crescita del bisogno religioso e spirituale è comunque circoscritta, coinvolge molto di più i credenti impegnati o i cattolici praticanti che il vasto insieme dei credenti/cattolici che vivono ai margini di una vita di fede e di Chiesa. Nessun cambio di indirizzo o prospettiva si manifesta invece tra i non credenti» 5. 7. La domenica nella fase 2. Se ci spostiamo sul piano propriamente celebrativo dobbiamo chiederci come conciliare le dinamiche rituali con il distanziamento sociale, con l’uso delle mascherine, dei guanti, con la sostituzione (provvisoria) dell’acquasantiera con il dispenser del disinfettante. Come potremmo regolare chi ha accesso alla celebrazione e chi deve rimanere fuori perché nella chiesa si è raggiunto il numero massimo consentito di fedeli? Potremmo ancora parlare di celebrazioni accoglienti quando non possiamo accogliere tutti? E poi come ci comporteremo quando qualcuno si avvicina eccessivamente, o al primo colpo di tosse di chi siede al banco vicino al nostro? Proveremo sentimenti di paura? Ritroveremo probabilmente gli ostiari alle porte della chiesa che regoleranno l’entrata dei fedeli e si assicureranno che tutti prendano posto secondo quanto stabilito dai protocolli; il volto della comunità cambierà, dal momento che forse gli anziani, essendo più a rischio contagio, saranno invitati a rimanere a casa e la gestione dei bambini e dei ragazzi del catechismo impegnerà richiedendo un numero maggiore di catechisti. Inoltre, come vivremo la gioia dell’incontro senza un abbraccio, il gioco (a squadre) nel cortile dell’oratorio, l’incontro delle famiglie? 8. Un tempo di creatività. Probabilmente in questo tempo dovremmo tentare di riflettere sul futuro individuando cammini, progetti, interventi che possono essere dispiegati a partire dalla situazione attuale. Dovremmo tener presente che cambieranno anche le dinamiche all’interno dei centri commerciali (sarà così gradevole attendere in fila fuori dal negozio per entrare uno alla volta?). Chissà, forse tutto ciò rappresenta l’occasione per individuare alcune vie (lunghe) che potranno condurre l’uomo contemporaneo a riscoprire che «Senza la domenica non possiamo vivere».
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Editore: Queriniana Edizioni
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Ean: 2484300025297
Prezzo: € 6.00
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Editoriale
M. Gallo
Il tempo estivo: assemblee vuote o liturgie che sanno respirare?
Studi
E. Finzi
Tempo rurale e tempi postmoderni
D. Cravero
Anno liturgico o anno scolastico?
D. Messina
Domenica, assemblea, estate
F. Zaccaria
Estate, feste e pietà popolare
M. Roselli
Catechismo d’estate?
F. Feliziani
Estate con la famiglia
e liturgia dei sensi
M. Belli
Il tempio e il pellegrino
Formazione
M. Ghiazza – M. Belli
Schede
2. Preghiera al Campo
D. Pancaldo
Liturgia e disabilità: percorsi
2. Tempo estivo alla Fondazione M. Assunta in cielo
G. Lo Bue
Pietà popolare e liturgia
2. Pietà mariana e pellegrinaggi
Sussidi e testi
C. Laffranchini
Dal pregare al celebrare
G. Tornambé
Esperienze di evangelizzazionetra mari e monti
Marco Gallo
Il tempo estivo: assemblee vuote o liturgie che sanno respirare?
Si direbbe che le nostre comunità articolano con non poche acrobazie ben tre calendari: quello liturgico, prima di tutto, sapiente con il suo ripetersi e variare in tempi forti, feste ed ordinario; quello civile-solare, che incrocia nel suo cambio di data il tempo di Natale, ed inserisce con discrezione memorie civili e scadenze; infine, sempre più dirompente, il calendario scolastico. Fra i tre, dobbiamo riconoscere come sia proprio quest’ultimo a scandire i tempi della vita liturgica. Secondo i ritmi dell’anno scolastico, le assemblee cambiano volto. Dell’iniziazione cristiana dei bambini e dei fanciulli si ripete spesso la necessità di rompere l’ambigua analogia con la formazione scolastica. Nella pratica sembra invece che si possa fare catechismo solo quando c’è la scuola! Prima di tutto, la fascia fertilissima per l’iniziazione che va da 0 a 6 anni risulta per lo più scoperta, quasi che l’annuncio si possa fare solo quando le coraggiose maestre hanno già svezzato i piccoli cuccioli. Soprattutto, dobbiamo riconoscere che l’abbraccio stretto con il sistema scolastico non si sta sciogliendo, rispetto ai ritmi dell’iniziazione. Quali conseguenze ha questa prassi? In un tempo in cui, sin da piccolissimi, le agende dei bambini non conoscono più tempi liberi per il gioco destrutturato, per il cortile dell’oratorio senza attività, i nostri incontri e celebrazioni devono faticosamente sgomitare con infiniti altri appuntamenti. Non è forse il tempo per de-localizzare in estate almeno una parte delle nostre pratiche di iniziazione? Decongestionare, senza perdere il ritmo, gli altri mesi, per dei progetti di educazione al rito, alla preghiera, alla vita comunitaria, di catechesi con più tempo a disposizione: i campiscuola, le attività estive sono occasioni che non valorizziamo abbastanza in senso iniziatico, quasi che fossero meno efficaci rispetto ai mesi “del catechismo”. Le parrocchie in città spesso hanno un orario delle celebrazioni estivo ed uno invernale. Esso non è legato solo al variare delle ore di luce, ma soprattutto al mutare delle assemblee liturgiche in estate. I cori, i ministranti ed altre ministerialità laicali, così generosi durante tutto l’anno, si fanno più sottili o spariscono. Alcune celebrazioni sono addirittura sospese, con una certa arrendevolezza. È vero che in luoghi di villeggiatura le assemblee si fanno più robuste ed attive, e non mancano lodevoli iniziative anche ricche di proposte di qualità. È giusto domandarsi, come avviene in questo numero, come può vivere questo cambiamento di fisionomia una comunità cristiana non arrendevole. Abbiamo giocato tutte le carte per organizzare una vita di celebrazione e spiritualità sufficiente? Le solennità estive sono occasione per una proposta da valorizzare. Ci sembra che l’estate meriti, invece, uno spirito di iniziativa assai diverso. Prima di tutto nel valorizzare i tempi più vivi della pietà popolare, con le sue feste patronali e devozioni. Nel suo bel testo, Francesco Zaccaria introduce tre dinamiche per una liturgia attenta a più occasioni: riscoprire il tempo del riposo, che non significa disimpegno; riscoprire le emozioni e la gioia, che non significa concentrarsi su sé stessi; riscoprire la comunità, che non significa etnocentrismo. A questo si può utilmente aggiungere un tempo di catechesi e predicazione prima delle ferie, in cui si offre alla comunità l’invito a gustare un tempo di riposo in cui ai figli è finalmente concessa un’occasione più tranquilla di compagnia con i genitori, spesso rapiti dai ritmi di lavoro – se i villaggi vacanze non riproducono la deprecabile vacanza parallela, intrattenendo i piccoli con attività lontano dai genitori. Si può suggerire di inserire nei viaggi una visita a qualche luogo di fede o di arte cristiana, di riscoprire la cattedrale della natura in montagna, in cui i sensi soffocati dalle stanze chiuse tornano a risvegliarsi, celebrando il Creatore. Per queste ragioni, ci è sembrato utile dedicare questo numero di RPL al tema della liturgia e tempo estivo. Dalla lettura del testo risulterà una miniera di suggestioni e riflessioni propositive. Esse si aprono, tuttavia, con uno studio che spiazza chi si aspettasse una riflessione immediatamente pastorale e liturgica, affidato a Enrico Finzi. Occorreva, prima di questi approfondimenti che poi abbondantemente si trovano, porre seriamente la questione sociologica della trasformazione delle nostre assemblee liturgiche e comunità che subiscono così radicalmente il cambio fra estate e resto dell’anno. La parrocchia rurale di alcuni decenni fa, infatti, non conosceva esodi e ferie, potendo quindi godere di una certa stabilità nel tempo. Oggi, anche fuori città, la popolazione abita il territorio in modo assai diverso, non vi si radica, ma normalmente lo elegge come abitabile per ragioni di altro tipo. Tutto questo non è immediatamente competenza della pastorale liturgica, ma senza alcun dubbio la influenza pesantemente.
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Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
Pagine:
Ean: 2484300025211
Prezzo: € 6.00
Descrizione:
Editoriale
2 D. Cravero
Media e liturgia:
vigilanza e intelligenza
Studi
4 G. Riva
La logica del digitale
9 P. Benanti
Digitale, presenza, partecipazione
14 N. Valli
Liturgia e tecnica:
storia di amore e diffidenza
19 A. Grillo
Spazio e tempo 3.0
24 M. Belli
Ma la messa in TV «vale»?
29 G. Tornambè
Uso e abuso dei media nella liturgia
34 D. Cravero
Simbolico rituale, simbolico digitale
Formazione
39 M. Rondonotti
Schede
1. Riti e preghiere in digitale
44 V. Scarfia
Liturgia e disabilità: percorsi
1. Riti, media e disabilità
48 A. Giardina
Pietà popolare e liturgia
1. Quaresima e Settimana santa
Sussidi e Testi
53 D. Locatelli
Preparare l’omelia
navigando in rete
57 C. Paniccia
Formarsi on line
62 L. Peyron
Una App per pregare
Segnalazioni
Domenico Cravero
Media e liturgia: vigilanza e intelligenza
A suo modo l’era digitale è un segno dei tempi. Costituisce un punto di vista da cui osservare il mutamento delle forme simboliche e il loro diffondersi e consolidarsi. Invenzione tecnica e comportamenti di massa si influenzano reciprocamente. Non sono solo i media che condizionano il costume, è anche la cultura postmoderna che domanda tecnologie nuove. Media e società evolvono indipendentemente ma contemporaneamente. È evidente la direzione: tutto può essere messo a confronto, tutto è possibile diversamente, si può discutere ogni cosa, i giochi sono sempre aperti. La società si presenta senza centro e senza direzioni. Ognuno deve scegliere, a proprio rischio, tra possibilità sempre plurali. La circolarità delle reti si radica nella società aperta. La narrazione diventa pratica di massa, in un’inedita collaborazione tra professionisti e amatori. Si attiva un processo d’inclusione incessante, il cui principio non è gerarchico ma funzionale, non dice che cosa sia vero o giusto ma che cosa piaccia o serva. Nel progressivo indebolimento delle comunità fisiche, cambia anche il concetto e l’esperienza dei legami: il loro numero si misura con i like, la loro intensità con i followers. L’autorevolezza dipende dalla capacità dell’influencer. Cambia anche il processo psicologico dell’identità, che diventa l’arte di rendersi compatibili, cantiere sempre aperto a ogni possibilità. L’individuo contemporaneo è fondamentalmente uno spettatore: le persone si comportano come se fossero guardate, perché sono costantemente connesse. Nella quarta rivoluzione industriale, presenza, partecipazione, mediazione acquistano significati diversi. La tecnologia cambia il modo di intendere la realtà (non più solo fisica, ma anche virtuale e aumentata) dove s’intrecciano in coevoluzione comunicazione e socializzazione, riflessività e partecipazione, pubblico e privato. Nei social, le persone si riducono a profili. Le comunicazioni sono veloci e poco adatte per concentrarsi sulla complessità dei sentimenti. È sempre meno frequente iniziare la conversazione con un: «Come stai?». Viene spontaneo chiedere innanzitutto: «Dove sei?» o «Cosa fai?». Nel progressivo indebolimento delle comunità, gli amici digitali servono per posizionarsi all’interno dei social e capire di chi sono ‘meno’ e di chi sono ‘più’. I flaneur digitali inventano i modi di dire che ci sono, in un orizzonte di possibilità, gestito comunicativamente attraverso la circolarità delle reti, che rendono possibili strati sempre più complessi di reciprocità, anche attraverso la crescita esponenziale di contenuti (testi, audio, foto, video). Si apre una nuova relazione tra comunicazione interpersonale e di massa. L’individuo vive il sociale sempre più come evento. È ovvio domandarsi che cosa diventi l’opera d’arte, nell’epoca della riproducibilità. La liquidità ha però il suo fascino: l’Io si sente più libero, espandibile alla virtualità. Ne fa lo strumento di osservazione del mondo. Si scopre però più solitario. La circolarità delle reti e il mondo liquido che ne consegue, comportano infatti una fatica mentale sovrumana, sempre alla ricerca di oasi di pace. La frammentazione dei rapporti e il politeismo dei valori disincantano il mondo, i riti lo re-incantano perché sono forme dell’affezione. Più le reti dissolvono, più i naufraghi cercano riparo nei riti. Pregare e celebrare nell’era del digitale non è però la stessa cosa di prima. Spazio e tempo nella esperienza del digitale non coincidono con le esigenze dei riti. Le forme espressive della creatività e della libertà dei mondi virtuali si sganciano dai corpi. Ma non c’è rito senza carne. I dispositivi digitali svincolano la comunicazione dalla presenza fisica, frammentano l’esperienza somatica nel virtuale, liberano dalla necessità di sincronizzare i corpi. Le ritualità invece ristabiliscono il corpo intero. Riscattano dalla quotidianità, attraverso performance vere. Realizzano ciò che i media promettono ma compiono solo virtualmente. La liturgia è un atto che chiede partecipazione attiva, non si riduce a orecchi e occhi. Il Dio, fatto carne, tocca il credente nella sua propria carne. Non sussiste nessuna celebrazione sacramentale e liturgica che prescinda dalla materialità. La rivelazione consiste nell’inaugurazione di una possibilità relazionale reale con Dio. Nella realtà virtuale o aumentata, la persona non sta interagendo con nessuno se non con se stesso. L’uso dei media nella liturgia potrebbe rivelarsi presto un abuso e non è rara l’impressione che la tecnologia, pur sofisticata, non sortisca effetto nel creare le condizioni per una vera celebrazione. Tuttavia, non necessariamente i media nella liturgia segnano una regressione. Possono anche imprimere una progressione. Il rapporto con il rito, infatti, non è mai immediato. Ci sono sempre mediazioni, anche nascoste: il vissuto devozionale, la visione teologica, l’inconscio affettivo. Ci vuole vigilanza e intelligenza per restituire ai riti il loro orizzonte complesso.
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Editore: Queriniana Edizioni
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Pagine:
Ean: 2484300024672
Prezzo: € 6.00
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Editoriale
C. Doglio
Lezionario, traduzione, iniziazione alla Parola
Studi
R. De Zan
L’OLM, fonte di teologia
J.-L Souletie
La sacramentalità rituale della Parola
F. Trudu
L’omileta alle prese con le letture
M. Baldacci
I ministri della liturgia della Parola
F. Feliziani
Letture bibliche e ragazzi a messa
Note
A . Parisi
La cantillazione delle letture bibliche
D. Sabaino
I ritornelli dei salmi responsoriali
D. Piazzi
Il «Lezionario» è un… libro
Sussidi e Testi
A .-M. Boulongne
Lezionario pasquale e mistagogia: percorsi con i neofiti
Formazione
M. Roselli – S. Soreca
Formare gli operatori pastorali
5. La Parola prende corpo
M. Gallo – S. Sirboni
La Messa e il Messale
6. Le orazioni, modello di preghiera
G . Tornambè
«È veramente cosa buona e giusta»
6. «Nell’attesa della tua venuta»
Cronache
Indice 2019
Editoriale
Claudio Doglio
Lezionario, traduzione, iniziazione alla Parola
Il Lezionario, nato dalla riforma liturgica del concilio Vaticano II, è senza dubbio il più bello e il più ricco che la tradizione cristiana abbia adoperato negli ultimi duemila anni: forse senza saperlo, abbiamo tra le mani un autentico tesoro, uno strumento mirabile per educare i fedeli a comprendere l’importanza della Bibbia nella propria vita e apprezzarla nella sua variegata molteplicità. Sono quasi cinquant’anni che lo usiamo e dopo dieci anni dalla adozione della nuova traduzione CEI (2008) dobbiamo ancora riconoscere che fatica a concretizzarsi un uso sapiente e fecondo della sacra Scrittura durante la celebrazione eucaristica, sia festiva che feriale, come pure nei vari riti sacramentali. Per quanto riguarda l’impiego della nuova versione italiana, ho l’impressione che poco o nulla sia cambiato: i brani proposti non sono sensibilmente più comprensibili, né formulati in una lingua davvero popolare. Ascoltare che il paralitico prende la sua barella anziché il suo lettuccio non determina alcun miglioramento; sul monte della trasfigurazione Pietro propone di fare
delle capanne invece di tende, ma la variazione non è così decisiva; l’oscuro testo di Abacuc in cui si parla di un potente che adora il suo giacchio non è diventato chiaro con l’introduzione del termine sciabiche. L’impianto delle letture, complesso e ben organizzato, è rimasto lo stesso, per cui l’introduzione della nuova versione non ha apportato un contributo considerevole alla valorizzazione del Lezionario. Il vantaggio più vistoso è quello di aver cambiato alcune espressioni che erano davvero inadatte e, purtroppo, hanno segnato erroneamente l’uditorio italiano per molti decenni. Finalmente nel vangelo di Natale non leggiamo più che «non c’era posto per loro nell’albergo» (Lc 2,7), ma il termine «alloggio» permette di capire meglio la situazione di Maria e Giuseppe a Be- tlemme: tuttavia, se non c’è la mediazione intelligente di chi commenta le Scritture, il cambio di traduzione in sé non è sufficiente per capire correttamente il messaggio del testo. Per fortuna nel racconto della passione secondo Giovanni non troviamo più che Gesù «chinato il capo, spirò» (Gv 19,30), ma [...]
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Editore: Queriniana Edizioni
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Ean: 2484300024603
Prezzo: € 6.00
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INDEX
Editoriale
E. Massimi
Arte e liturgia: una relazione «complicata»
Studi
S. Catalano
Arte e liturgia per chi?
A . Mela
Arte e partecipazione nel contesto attuale
V. Pennasso
Comunità, committenti, progettisti
R. Mastroianni
La liturgia a lezione d’arte
G. Zanchi
La potenzialità dell’artistico e i bisogni della formazione
M. Brunini
Costruire una chiesa: l’esperienza di Viareggio
F. Gaddini
L’adeguamento di una cattedrale: l’esperienza di Pescia
G. Boselli
Il percorso dei Convegni di Bose
Sussidi e testi
D. Piazzi
Le benedizioni dei «luoghi» liturgici
Formazione
M. Roselli – S. Soreca
Formare gli operatori pastorali
5. Arte e liturgia
M. Gallo – S. Sirboni
La Messa e il Messale
5. La preghiera eucaristica
D . Piazzi
«È veramente cosa buona e giusta»
5. La nostra vocazione pasquale
Anniversario
Cronaca
Editoriale
Elena Massimi
Arte e liturgia:una relazione «complicata»
«Come il pescatore cattura il pesce con amo ed esca, così proprio con tropari e canti il diavolo spinge il monaco alla vanagloria, al desiderio di riuscire gradito, alla ricerca del piacere e ben presto all’impurità; infatti il canto non ha nulla a che fare con il monaco che desidera davvero la salvezza» 1. Questo breve passaggio di P. Everghetinós ben manifesta il peculiare e delicato rapporto, a cui è dedicato il presente fascicolo di RPL, che la liturgia intrattiene con l’arte. Liturgia e arte, infatti, utilizzano i diversi linguaggi, verbali e non, in modalità simboliche simili, trasfigurandoli; per questo motivo l’esperienza religiosa e quella estetica sono molto vicine – molto profondo è infatti il rapporto tra liturgia e bellezza. Potremmo affermare che la liturgia stessa è opera d’arte 2. Tutto ciò però non è esente da problemi: i linguaggi dell’arte nella liturgia possono, a seconda di come vengono messi in opera, aiutarci ad entrare nel mistero o addirittura distrarci da esso; per questo motivo P. Everghetinós affermava che il canto non ha niente a che fare con chi desidera la salvezza. Di tali dinamiche erano ben coscienti i Padri della chiesa, come Agostino, che ben attento, almeno nel caso della musica, confessava: «Quando mi capita di sentirmi mosso più dal canto che dalle parole cantate, confesso di commettere un peccato da espiare, e allora preferirei non udir cantare» 3. Potremmo affermare che l’arte è nella liturgia epifania del mistero, solo se è realmente a servizio di quest’ultimo e non viceversa. Purtroppo lungo la storia la graduale incomprensione di cosa fosse la liturgia, della sua natura e delle sue dinamiche, ha portato la liturgia stessa ad essere a servizio dell’arte, sua ancella, a divenire occasione per comporre, per costruire, per dipingere, per scolpire… Tutto ciò ha dato vita a opere meravigliose, che sicuramente elevano l’animo alla trascendenza, ma che sono espressione dell’artista, del suo sentimento religioso. La liturgia, invece, «è impressione di Dio sull’uomo più che espressione del sentimento dell’uomo verso Dio»4. Estendendo a tutta l’arte quanto SC 112 dice della musica, l’arte deve essere strettamente unita [...]
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Editore: Queriniana Edizioni
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Ean: 2484300024474
Prezzo: € 6.00
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INDICE
Editoriale
M. Roselli
Tirare avanti o spingersi oltre?
Studi
G. Bezze
Perché adulti senza cresima?
I . Seghedoni
Il Secondo Annuncio e il Sacramento Secondo
A. Matteo
La fede è ancora possibile per un adulto!
M. Gioia
Cresima, mobilità e appartenenza
K. Cazzaro
La cresima degli adulti: una esperienza svizzera
M. Roselli
La cresima degli adulti: una esperienza italiana
M. Gallo
Celebrare la cresima degli adulti
Sussidi e testi
M. Roselli
Un ritiro spirituale con cresimandi adulti
A. Costabile
Celebrare la penitenza con cresimandi adulti
Formazione
M. Gallo – S. Sirboni
La Messa e il Messale
4. Il gesto spirituale
G. Tornambè
«È veramente cosa buona e giusta»
4. «Eccomi, sono la serva del Signore»
Dibattiti
M. Augé – A. Grillo
Usi e abusi in liturgia: a proposito di RPL 3/2019
EDITORIALE
Michele Roselli
Tirare avanti o spingersi oltre?
Sono diverse le persone che, non avendo completato l’iniziazione cristiana da ragazzi, chiedono di ricevere la confermazione. Spesso, questa domanda sorge in vista del matrimonio o della richiesta di impegno come padrino o madrina del battesimo o della cresima di un parente o di un amico. Per questo essa è, frequentemente, una domanda urgente, fatta per necessità, che raramente manifesta il desiderio di (ri)cominciare un cammino di fede e che riduce il sacramento della cresima a «sacramento del certificato». Come accogliere queste domande? Ci si deve accontentare di amministrare il sacramento con il minor dispendio di tempi e di energie da parte di tutti, oppure si può tentare di favorire un progresso? Lo sappiamo, almeno teoricamente, questa seconda opzione è la più evangelica. Ma è realisticamente sostenibile a fronte di scarso interesse (almeno in apparenza), di un agire pastorale obeso e di un numero di operatori che si assottiglia? Ed ancora: come accompagnare la domanda dei sacramenti perché essi non siano soltanto cerimonie? Quali sono i tentativi in atto? Qual è il compito iniziatico e mistagogico richiesto da questa sfida? Infine, come la teologia più recente afferma, i sacramenti sono «riti che danno forma alla vita». Allora è lecito domandarsi: quali deformazioni derivano da un processo disordinato che, dopo avere compromesso l’unità sacramentale di battesimo, confermazione ed eucaristia, la diluisce in un arco di tempo più o meno lungo e trasforma il secondo sacramento nel terzo o nel quarto? In altri termini, che cosa cambia ricevere la cresima da adulti? E che cosa questo cambia per la chiesa?
Il percorso
Per tentare di offrire qualche cenno di risposta alle domande presentate, questo numero della rivista offre una breve ricognizione. G. Bezze problematizza le questioni legate all’età, alla collocazione e all’ordine dei sacramenti dei percorsi di iniziazione cristiana dei ragazzi e ricostruisce la storia recente della questione. L’inadeguatezza delle proposte catechistiche e rituali rivolte ai ragazzi può provocare un abbandono dei percorsi dopo l’eucaristia e la richiesta della cresima in età adulta. I. Seghedoni assume come linea di partenza il disordine (teologico) dei nostri percorsi di IC e mette in luce i limiti di una tale comprensione. Propositivamente mostra che la possibilità di un annuncio del vangelo di libertà si radica sulla capacità di puntare sulla simbolica della cresima non come sacramento del compimento, ma come sacramento non necessario. M. Roselli e K. Cazzaro raccontano l’esperienza dell’accompagnamento di adulti verso la cresima. Tali percorsi devono tenere aperte diverse vie di accesso al mistero (K. Cazzaro). Ciò domanda anche di prendere sul serio tutte le dimensioni dell’esperienza cristiana (M. Roselli) ed in particolare il potenziale iniziatico della liturgia, il cui codice rituale dovrebbe essere attivato il prima possibile e non solo nella messa di celebrazione del sacramento. (M. Gallo).
La cresima di adulti richiede tempo e domanda da adulti
Ci vuole tempo per fare evolvere e convertire le rappresentazioni di fede. Ci vuole tempo e ritmo – accoglienza e decisione, conversione, preghiera – per camminare verso la cresima. Questo vale anche per i migranti e li può aiutare a far evolvere le motivazioni di richiesta del sacramento da mezzo di integrazione sociale a segno del dono di Dio. Ci vuole tempo anche per stare nelle dinamiche ecclesiali e comunitarie che il sacramento significa. L’accoglienza della domanda di sacramento può essere occasione per ragionare sui modi in cui la chiesa si fa carico dell’adulto.
Almeno due piste per continuare
La domanda della cresima da adulti è appello alla comunità che ci manca o che sembra essere altrove. Anche relativamente ai percorsi di completamento d’iniziazione cristiana può valere la diagnosi che vale per l’iniziazione cristiana in generale. Essa è una questione ecclesiologica, non soltanto pastorale e neppure solo catechistica. Domanda di ritrovare un protagonismo dell’intera comunità ecclesiale, perché tutti – lo sappiano o meno – sono testimoni di fede per coloro che sono generati alla fede. Riconosciuto l’attuale disordine teologico delle tappe sacramentali della IC ed ammesso che sul panorama attuale incidono questioni pedagogiche e tradizionali, aldilà delle posizioni che ciascuno liberamente può sostenere, il punto assodato che la prassi ci rinvia è che un ritrovato ordine teologico nella collocazione nell’ordine dei sacramenti non garantisce la continuità del cammino. In questo senso parrebbe più promettente lavorare per manifestare l’unità di battesimo, confermazione ed eucaristia. Si tratterebbe di uscire dalla visione lineare dei sacramenti a vantaggio di una visione concentrica, tipica dell’era patristica, e di mostrare il legame della cresima con gli altri due sacramenti della IC e la centralità dell’eucaristia come compimento non solo dei tre sacramenti della IC, ma dell’intero settenario sacramentale.
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Editore: Queriniana Edizioni
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Ean: 2484300024405
Prezzo: € 6.00
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INDICE
Editoriale
2 G. Tornambé
Lex orandi,lex credendi e… lex agendi
Studi
4 M. Augé
L’inculturazione dopo Magnum principium
9 G. Laiti
«La realtà è più importante dell’idea», anche in liturgia
11 G. Drouin
Nuove presidenze, nuova ecclesiologia?
19 A. Grillo
Solo abusi?
24 F. Di Molfetta
Rituali e non rituali:
«Proclamiamo la tua risurrezione»
28 D. Piazzi
Nuova eucologia: sempre un abuso?
32 C. Franco
«O altro canto approvato dall’autorità ecclesiastica»
37 M. Gallo – M. Roselli
Posso inventare riti? Catechesi e liturgia al camposcuola
Formazione
43 M. Roselli – S. Soreca
Formare gli operatori pastorali
3. Fede, liturgia e prassi
50 M. Gallo – S. Sirboni
La Messa e il Messale
3. I molti ministeri nella messa
55 D. Piazzi
«È veramente cosa buona e giusta»
3. La pienezza della gioia pasquale
Sussidi e testi
59 M. Gallo
Benedizione degli zainetti
66 A. Magnani
Celebrare la prima confessione
EDITORIALE
Gabriele Tornambé
Lex orandi, lex credendi e… lex agendi?
Il noto assioma di Prospero d’Aquitania (390-455), Lex orandi, lex credendi, continua a manifestare interesse nell’euristica della teologia. Una prima possibilità di lettura di questo principio va nel senso in cui è costruita l’espressione; l’interpretazione che ne segue è che la legge della preghiera determina la legge della fede. Quest’ultima trovava nell’espressione rituale e celebrativa della chiesa il suo momento fontale: d’esempio in tale ambito sono la proclamazione dei dogmi dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione di Maria. Ma esiste anche la lettura inversa che dà il primato all’aspetto dommatico; in questo secondo caso la preghiera si rivelerebbe manifestazione della fede creduta; così troviamo chiaramente affermato in Mediator Dei e in Vicesimus quintus annus. La speculazione teologica ed i documenti magisteriali hanno reso questa espressione di fatto biunivoca, sebbene non manchino, nel dibattito attuale in merito ad essa, i partigiani della prima sulla seconda maniera di leggerla ed interpretarla. La questione rischia di complicarsi quando a questi elementi ne aggiungiamo un terzo, quello della lex agendi o lex vivendi. Questi sono diventati indistintamente espressione della “prassi” della chiesa. Ma di quale prassi si tratta? C’è chi ha interpretato la lex agendi come la dimensione etica indispensabile per ogni azione celebrativa, e chi ha voluto riferirla all’agire liturgico propriamente detto, preferendo dare una colorazione etica specificamente alla lex vivendi. Senza volere entrare nel dibattito sull’uso di una o dell’altra lex, ci domandiamo se la prassi condensata nell’espressione lex agendi/vivendi non possa piuttosto essere interpretata come l’azione pastorale della chiesa nel suo declinarsi ordinario delle comunità diocesane, parrocchiali, religiose. La lex agendi/vivendi, così compresa ed articolata agli altri due elementi dell’assioma del monaco marsigliese, continuerebbe a conservare la validità dell’espressione e, soprattutto, permetterebbe ancora una lettura in entrambi i sensi fuori da ogni fuorviante interpretazione? In effetti, non mancano esempi di chi sostiene che le prassi della comunità cristiana possano essere fonte di riflessione teologica e che siano suscettibili di divenire teologia (pratica): è il metodo che si sono date alcune Università del Nord-America per la ricerca in teologia pastorale. Se consideriamo l’elemento lex agendi/vivendi come il milieu dell’agire e del vivere di una determinata comunità ecclesiale, allora saremmo portati a prendere in considerazione i diversi luoghi e culture in cui è presente la chiesa e non potremmo esimerci dal considerare i relativi processi di inculturazione in cui la fede è tradotta per risultare accessibile, e la celebrazione adattata perché i fedeli possano parteciparvi tutti pienamente. Ci sembrerebbe, allora, che la validità dell’assioma del segretario di papa Leone Magno, arricchito del terzo elemento e letto in un senso come in un altro, continuerebbe ugualmente ad esistere. Ci confortano in tale interpretazione gli sforzi d’inculturazione della celebrazione eucaristica in realtà come lo Zaire o il Brasile, dove non ci stupiamo di riscontrare che elementi culturali caratterizzanti la cultura di questi Paesi abbiano trovato spazio nei messali canonicamente approvati, e come, per ritus et preces, si riveli una teologia del popolo di Dio ed una rinnovata consapevolezza di partecipazione ed esercizio della ministerialità, di cui i documenti conciliari avevano posto le basi. Se, sempre in tale direzione, guardiamo a quanto realizzato dalle diverse Conferenze Episcopali nazionali (o linguistiche), ci accorgeremo come l’adattamento dei rituali abbia comportato l’introduzione di alcuni gesti favorendo una considerevole diversità nei riti che non ha in alcun modo compromesso la celebrazione dell’unico mistero pasquale del Cristo morto e risorto. Non sono forse queste espressioni del felice esito di nuove situazioni ed esigenze pastorali (lex agendi/ vivendi) che, con i tempi necessari per coglierle, chiarificarle ed integrarle, portano alla sintesi di nuovi linguaggi verbali e non verbali (lex orandi) illuminando in modo rinnovato la fede viva professata dall’unica chiesa presente nella pluralità delle comunità ecclesiali (lex credendi), senza negare alcun tratto della verità trasmessa e conservata nei secoli dalla chiesa?
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Editore: Queriniana Edizioni
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Ean: 2484300024368
Prezzo: € 6.00
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Editoriale
2 M. Gallo
Attenzioni recuperate
Studi
4 W. Ruspi
Una comunità che accoglie
8 G. Mariani
Iniziare alla liturgia con la liturgia
16 G. Routhier
Evangelizzazione e celebrazione
21 P. E. De Prisco
Catecumeni all’assemblea
domenicale
26 G. Di Donna
«Il regno di Dio è vicino»
31 F. Marg heri
Parola e preghiera
36 J. Pinheiro
«Mantenere» nei misteri celebrati
Formazione
41 M. Roselli – S. Soreca
Formare gli operatori pastorali
2. Il modello catecumenale
48 M. Gallo – S. Sirboni
La Messa e il Messale
2. Lo spazio liturgico
54 G. Tornambè
«È veramente cosa buona e giusta»
2. La gioia della Pasqua
Sussidi e testi
60 M. Muth
Celebrazioni per catecumeni
66 F. Marg heri
La prima confessione dei neofiti
69 J. Pinheiro
I Vespri in albis deponendis
Santa Sede
73 La liturgia, via maestra
Cronaca
Marco Gallo
Attenzioni recuperate e buone pratiche liturgiche
Con una battuta, un vescovo francese raccontava di aver avuto spesso l’impressione di leggere, sul viso dei suoi preti, al presentarsi nelle loro parrocchie di un adulto che chiedeva il battesimo, lo stesso entusiasmo di quando si guasta il riscaldamento in chiesa; vi leggeva un perplesso: «Come posso risolvere la cosa il prima possibile?». Non è certamente la norma, né in Francia, né da noi. È però vero che al catecumenato occorre prestare un’attenzione crescente. L’impegno dei liturgisti non può esser limitato all’elaborazione dei rituali, del RICA e dei suoi adattamenti. Tutto il processo di evangelizzazione è un processo celebrativo. Dopo 25 anni: come sta il catecumenato in Italia? La Chiesa italiana ha celebrato nel 2018 i venticinque anni di lavoro del Servizio Nazionale per il catecumenato, aperto presso l’Ufficio Catechistico Nazionale nel 1993. In un convegno sobrio e denso (Roma, 28-29 aprile 2018), si è colta l’occasione per rileggere con i primi testimoni la storia recente e per rilanciare alcune urgenze, in ascolto dei neofiti e delle diocesi partecipanti. La presenza dei catecumeni adulti nelle comunità italiane è in costante crescita e si dimostra fonte di nuove ministerialità e linguaggi. Non solo i “nuovi italiani” bussano alle porte delle parrocchie, ma anche giovani non battezzati da bambini con genitori allontanatisi dal tessuto ecclesiale o cresciuti in altre esperienze religiose. Ad essi è offerto normalmente un serio percorso di almeno due anni, scandito in passaggi e celebrazioni, quasi ovunque strutturato sul RICA. Non mancano documenti orientativi, sussidi e testi utili elaborati negli anni1. Il servizio ha fatto tesoro di un intenso dialogo con analoghe esperienze in Europa. Comparata ad altre esperienze del catecumenato moderno, l’esperienza italiana è recente e non sembra diventata popolare, né esemplare nella pastorale, resta un’eccezione nella vita ordinaria della parrocchia. La sua presenza è percepita da alcuni pastori come un problema da risolvere in fretta, manca ancora una ministerialità sufficiente ad un vero accompagnamento, la comunità non partecipa al percorso e, dato doloroso, non di rado chi riceve Battesimo, Cresima ed accesso all’Eucaristia, presto smette di frequentare la comunità eucaristica che l’ha accolto. I battezzati adulti restano solo se … Una interessante ricerca (F. Gyombolai- Kocsis, A. Kézdy 2010, 2017) presentata nell’incontro europeo dei Servizi per il Catecumenato (Eurocat) svoltosi nel 2017 a Pécs, in Ungheria, identificava principalmente cinque aree con le quali gli adulti intervistati giustificavano la loro conversione religiosa: la conversione dopo un trauma, quella per relazione e contatto personale, la conversione compensativa rispetto a qualcosa avvertito come mancante, quella per ricerca di senso e l’ingresso in famiglie, gruppi o comunità credenti. Il dato più interessante dell’inchiesta era però relativo alla fedeltà dei neofiti dopo il battesimo. Il gruppo incomparabilmente più stabile dopo l’iniziazione cristiana è quello convertito dopo il contatto con famiglie, gruppi o comunità, seguito dagli adulti che dichiaravano di aver iniziato la conversione per una relazione personale con un credente. Anche per il numero crescente dei catecumeni tra i migranti in Europa, soprattutto nei paesi germanofoni, il legame tra stabilità ed effettiva relazione con le comunità parrocchiali è confermato – facendo del lento processo di catecumenato una sorprendente forma di integrazione anche sociale e culturale. I cantieri aperti Si tratta dunque di notare quali siano i cantieri effettivamente aperti o da aprire in rapporto al catecumenato. Prima di tutto, è necessario incoraggiare le comunità: i catecumeni sono giovani, sono portatori di domande vivificanti, suscitano con la loro presenza una insospettabile rinascita di linguaggi, ministeri e ritmi. Ogni diocesi poi, attivando un significativo Servizio per il catecumenato, può oggi fruire di strumenti per la formazione e per la condivisione di buone pratiche, così da porsi accanto con efficacia alle parrocchie. Nel percorso che si vive con i catecumeni, sono da approfondire le varie dinamiche della conversione, a partire dal non scontato coraggio di proporre la fede diventando finalmente missionari in uscita. Nel processo di evangelizzazione, quindi, sono da maturare attenzioni al linguaggio simbolico e celebrativo che non risultavano ancora del tutto a punto nella letteratura di alcuni decenni fa, e quindi assenti nei sussidi oggi in uso. In tal senso, questo numero della rivista propone non solo la riflessione a sostegno di tali pratiche ma anche diversi esempi concreti e già in atto. [...]
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Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
Pagine:
Ean: 2484300024313
Prezzo: € 6.00
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INDICE
Editoriale
2 R. Barile
Il male tra spiegazioni e mistero
Studi
5 C. Doglio
Il male nell’Antico Testamento
9 G .L. Carrega
Il male nel Nuovo Testamento
13 A . Mastantuono
Le maschere del male
18 G . Di Donna
La lotta luminosa: il catecumenato
24 A . Lameri
Liberati dal giogo del male:
Quaresima e Tempo pasquale
30 D. Messina
Il male nel Rito della Penitenza
35 P. Sorc i
Il male: l’unzione degli infermi
40 R. Barile
Il male: gli esorcismi
Nota
45 V. Mignozzi
Preghiere e messe di guarigione
Formazione
48 M. Roselli – S. Soreca
Formare gli operatori pastorali
1. Il male nella liturgia
55 M. Gallo – S. Sirboni
La Messa e il Messale
1. Laboratori per iniziare
61 D. Piazzi
«È veramente cosa buona e giusta»
1. Celebrare rinnovati
il mistero pasquale
Sussidi e testi
67 E . Sapori (a cura di)
La comunione ai malati
EDITORIALE
Il male tra spiegazioni e mistero
Partiamo dall’icona della prima evangelizzazione di Gesù con annuncio
della parola, guarigione delle malattie, azione di scacciare i demoni (cfr.
Mt 4,23-24; 9,35; Mc 1,39; Lc 6,17-18). Non solo il secondo e il terzo intervento
sono rimedio ad un male: loè anche il ministero della parola, dal
momento che secondo Mt 4,14-17 l’epifania di Gesù è luce per chi abita
nelle tenebre e nell’ombra di morte. Il CCC, che sta a mezzo tra l’opera
di Gesù Cristo e la sua continuazione nella chiesa, fa apparire il male prima
come fisico e poi come morale: il che corrisponde alla nostra esperienza e
permette di inquadrare l’azione della liturgia nonché gli articoli di questo
numero.
Il male fisico
La questione del male scatta con la creazione e con la domanda: se tutto
è stato creato da Dio e con sapienza, perché il male? Il male fisico permette
una prima definizione come assenza di bene. È la posizione di Tommaso: «Si
può cominciare a parlare del male partendo dal concetto di bene (...) e non
resta che dire che con male si intende assenza di bene»; «il male in se stesso
non è qualcosa», «non può che essere nel bene (...) il soggetto del male è il
bene»; anche i demoni sono naturaliter buoni e sono diventati cattivi solo per
un atto di volontà (Sth I, q. 48, a. 1; I, q. 48, a. 3; De Malo q. 1, a. 2; q. 16, a
2; D 800. Cfr. anche Lateranense IV nel 1215). Precisare la non consistenza
ontologica del male non è pedanteria, altrimenti si spalanca la porta alla soluzione
dei due principi alla pari, tentazione avvincente e facile.
Tornando alle citazioni bibliche, va segnalato che i vangeli riportano un
intervento di Gesù sugli elementi materiali: la tempesta sedata e il cammino
sulle acque (Mt 8,23-27; Mc 4,35-41; Lc 8,22-25; Mt 14,25; Mc 6,45-50; Gv
6,19); inoltre si dà una certa relazione fuori dell’ordinario tra le cose di questo
mondo e il ministero del Signore. Si considerino il fico seccato (Mt 21,18-
19; Mc 11,20-21), la moltiplicazione [...]
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Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
Pagine:
Ean: 2484300023897
Prezzo: € 6.00
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INDICE
Editoriale
2 D. Piazzi
L’anno liturgico, tempo d’altri tempi
Studi
4 I. De Sandre
Anno liturgico: per chi?
9 G. Boselli
Difendere la domenica: perché?
14 M. Metzger
Il Triduo pasquale e i suoi riti
20 L . Della Pietra
Stesso anno liturgico, assemblee diverse
26 F. Gomiero
Anno liturgico e sacramenti
31 M. Roselli
Anno liturgico e catechesi dei ragazzi
37 D. Paglia
Anno liturgico e pietà popolare
Note
43 F. Bonomo
La calenda di Natale
e l’annuncio della Pasqua
46 R . Barile
Anno liturgico e anni tematici
Formazione
49 FOCr
Preadolescenti & liturgia
5. «Questo è il mio corpo»
53 M. Di Benedetto
Giovani & liturgia
6. Scommettiamo ancora sulla liturgia?
58 E . Mass imi
Guida per cantare la messa
6. Il canto finale e gli «attori» del canto
Sussidi e testi
63 M. Campedelli
Anno liturgico: un tempo che dà forma?
EDITORIALE
Daniele Piazzi
L’anno liturgico,
tempo d’altri tempi
Editoriale
Ancora un numero di RPL sull’anno liturgico (AL). A scorrere i titoli dei fascicoli
dal 1963 ad oggi probabilmente e il tema piu frequentato. Si parte dalla
sussidiazione con omelie e schede celebrative per le domeniche della prima
ora, fino alla inevitabilmente difficoltosa riflessione che abbiamo proposto
negli ultimi due decenni. E vero: l’AL e un problema e ha problemi. I lettori
stiano, pero, tranquilli, non li esauriamo tutti in questo numero, altrimenti
non sapremmo cosa scrivere nelle prossime annate.
Dietro la ormai usuale denominazione di AL stanno questioni primariamente
di comprensione teologica, non solo del popolo di Dio, ma anche dei
ministri ordinati. Il percorso domenicale in alcune progettazioni pastorali
sembra svuotato del suo contenuto misterico, privilegiando di fatto anno catechistico,
giornate particolari, iniziative diocesane e parrocchiali. Insomma,
l’AL lo si celebra, ma non si sa bene a cosa serva.
Ci sono anche importanti problematiche culturali. E un anno storicamente
cresciuto con motivazioni teologicopastorali, ma non unitarie, durante
circa otto secoli. E strettamente legato alle culture mediterranee, semitiche e
greco-latine. E originato dai ritmi della civilta contadina, impregnato dalle
stagioni delle nostre latitudini temperate e dalla alternanza notte-luce… E
ancora cosi per l’Occidente che segue i calendari delle borse e fa della notte
il cuore dello svago/trasgressione e del giorno il tempo che produce denaro? E
adottabile/adattabile in culture di altri emisferi geografici e culturali? I ritmi
della vita, del lavoro, dell’economia, del nuovo culto del tempo libero e dello
shopping sono semplicemente dannosi all’impianto che richiede continuita
e assiduita dell’AL o anch’essi sono elementi da considerare per una vera
inculturazione della ritualita [...]
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Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
Pagine:
Ean: 2484300023835
Prezzo: € 6.00
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Editoriale
S. Sirboni
Confessione o conversione?
Studi
M. Chiodi
Da «tutto» peccato a «niente» peccato?
A. Costanzo
Ecclesiologie e prassi penitenziali
L. Donati Fogliazza
Confessione e prima Comunione
L. Popesc u – R. Angelici – P. Ricca
M.T. Milano – Y. Pallavicini
Riconciliarsi con Dio
R oland Lac roix
Conversione e mistagogia
G . Cavagnoli
La «forma» rituale della Penitenza
Note
S. Sirboni
Le celebrazioni comunitarie
della penitenza
R . Barile
Confessione e comunione
V . Donatello
Confessare una persona
con disabilità intellettiva?
M. Gallo
Il sacramento della penitenza
nell’immaginario di papa Francesco
Formazione
FOCR
Preadolescenti & liturgia
4. Come in cielo così in terra
M. Di Benedetto
Giovani & liturgia
5. A celebrare s’impara celebrando
E . Mass imi
Guida per cantare la Messa
5. I riti di comunione
Sussidi e testi
P. Tomatis
Progettare per tempo: la dimensione
penitenziale della Quaresima
EDITORIALE
Silvano Sirboni
Confessione o conversione?
Editoriale
Il rituale della Penitenza è in crisi da quasi duemila anni. Ne fa fede il testo de Il pastore di Erma (150 circa) allorquando prevede il pubblico perdono dei peccati gravissimi da parte della chiesa una sola volta nella vita poiché «per i servi di Dio la penitenza è una sola» (Precetto IV, 3). La conoscenza della storia è illuminante per evitare di idealizzare il passato alimentando infondate nostalgie e per discernere l’essenziale dal secondario. La storia evidenzia come la prassi penitenziale della chiesa sia quella che nei corsi dei secoli ha subìto i maggiori cambiamenti e nello stesso tempo sia lo specchio e la radice di un particolare modo di essere chiesa, cristiani nel mondo. La chiesa lungo i secoli ha saputo dare risposte diverse alla esigenza cristiana di conversione e di riconciliazione e per comunicare visibilmente il perdono di Dio. Il medioevale ordo paenitentium non è certo riproponibile oggi nelle stesse modalità. Tuttavia il rituale del 1973 suggerisce di strutturare la Quaresima come un tempo più visibilmente penitenziale, con celebrazioni particolari, «in modo che tutti i fedeli abbiano modo di riconciliarsi con Dio e con i fratelli e di celebrare poi, rinnovati nello spirito, il triduo pasquale del Signore morto e risorto» (RP 13). Nel contesto della riforma liturgica, il rituale della penitenza ha avuto significativi cambiamenti non solo con l’inserimento della parola di Dio e il cambiamento della formula sacramentale, ma anche con il recupero della dimensione comunitaria. Con tutto ciò, la celebrazione della penitenza agli occhi e nell’esperienza dei fedeli appare immutata. Infatti, la celebrazione comunitaria del sacramento della penitenza trova rari spazi nella normale prassi liturgico-pastorale delle parrocchie e delle diocesi. Il sacramento continua ad essere vissuto quasi esclusivamente nello stretto ambito individualistico di quel confessionale che, purtroppo, nei recenti anni passati è stato ‘dissacrato’ e ridicolizzato da film e da note trasmissioni televisive. In breve, la riconciliazione sacramentale viene vissuta al di fuori di ogni contesto ecclesiale, con il rischio di una deriva intimistica che non è senza ricadute negative di carattere psicologico e anche teologico e spirituale. È pure evidente un forte calo nella [...]
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Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
Pagine:
Ean: 2484300023750
Prezzo: € 6.00
Descrizione:
Michele Roselli
Pensosamente ‘pratici’
Editoriale
«Noi non poniamo riti in occasione
del nostro venire alla fede: noi veniamo
alla fede mediante riti». Per costruire la
cornice ermeneutica dei nodi pastorali
legati ai sacramenti insieme all’affermazione
di M. Belli, si può aggiungere
un’acquisizione della teologia più recente:
i sacramenti sono «riti che danno
forma alla vita». Ma è realmente
(ancora) così? Nell’ambivalenza della
risposta possibile si manifesta la sfida
cui la pastorale è convocata e che
questo numero intende istruire, focalizzando
l’attenzione su battesimo e
confermazione.
Come accompagnare la domanda
dei sacramenti perché essi non siano
soltanto cerimonie, peraltro sempre
meno richieste (così, almeno, appare
in alcune zone d’Italia e alla lente di
qualche osservazione superficiale ed
empirica)?
A quale conversione sono chiamati
gli operatori pastorali e la comunità
cristiana? Quali sono i linguaggi più
adatti per annunciare la buona notizia
dell’alleanza che questi sacramenti
realizzano? Anzi, come essi vanno ‘ricompresi’
e ‘ripensati’ – riteniamo che
sia questa la prospettiva dentro cui si
possa riflettere anche sulla collocazione
e sull’ordine – in questa cultura, rimanendo
contemporaneamente fedeli
a Dio e all’uomo? Quali tentativi sono
attualmente in corso?
È questo il ventaglio di domande
sottinteso a quelli che nel titolo abbiamo
definito nodi pastorali del battesimo
e della confermazione e rispetto ai
quali il numero si struttura come una
ricognizione multidisciplinare, ‘pensosamente
pratica’, per promuovere
una circolarità virtuosa tra riflessione
e prassi. Il desiderio non è anzitutto
quello di sciogliere i nodi, perché alcuni
restano necessariamente aperti,
quanto quello di nominarli e di indagarli
per cercare di riappropriarsi di alcune
consapevolezze teologiche, liturgiche,
pastorali e culturali, ‘tenendole’
il più possibile insieme, in uno sguardo
sistemico.
In apertura L. Girardi rintraccia
nel rilancio della categoria di iniziazione
e nella celebrazione unitaria
di battesimo, cresima ed eucaristia il
segno di una nuova comprensione dei
sacramenti dell’iniziazione. L’analisi
mostra l’urgenza di un recupero della
dinamica iniziatica. La vera posta
in gioco – rilanciata da Incontriamo
Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la
catechesi in Italia – non è soltanto il
ripristino dell’ordine dei sacramenti e
la loro celebrazione unitaria, ma anche
l’esigenza di una rinnovata attenzione
sull’intero cammino formativo di ‘ispirazione
catecumenale’. Tale cammino
ridisegna la fisionomia della comunità
ecclesiale invitandola a ritrovare la
sua capacità generativa alla fede e a
valorizzare le dinamiche esperienziali
e rituali, oltre che quelle dottrinali.
Sulla linea di quest’orizzonte, M.
Belli cerca un discernimento teologico
delle prassi diffuse intorno al battesimo
e alla confermazione. Nel suo ‘abbozzo’
si pone ‘a valle’ delle pratiche
per vagliarle al saggio di cinque verbi:
preparare, ordinare, differire, posticipare,
iniziare. Per ciascuna di queste
azioni indica le dimensioni che esse
onorano e quelle che invece tralasciano.
M. Roselli tratteggia la cornice culturale
ed ecclesiale delle pratiche di
iniziazione cristiana: lo smarrimento-
depotenziamento dei riti (di passaggio)
e una prassi ecclesiale che modula
in modi differenti l’ordine dei sacramenti.
Su questo sfondo indica alcune
consapevolezze che stanno davanti
alla Chiesa come soggetto che pratica
l’iniziazione cristiana come altrettanti
terreni da esplorare con creatività… e
urgenza?
Il Rito del battesimo dei bambini è il
prisma attraverso cui D. Piazzi interroga
alcune delle questioni in gioco.
La nostra situazione culturale domanda
di ripensare gesti, segni e preghiere
per una maggiore fedeltà del rito al
compito dei sacramenti, teologico ma
anche pedagogico.
F. Kannheiser e S. Soreca entrano
nelle questioni con uno sguardo su alcuni
dei soggetti coinvolti. La prima
apre due finestre sulla vita dei bambini
(0-6 anni) coinvolti con le loro
famiglie nella pastorale battesimale e
su quella dei ragazzi (6 -10 anni), e
offre spunti per cercare un linguaggio
catechistico che intercetti vita
ed esperienze, ma anche promuova
orizzonti nuovi. Il professore dell’Università
pontificia salesiana mette a
fuoco una riflessione sulle figure del
padrino/madrina e del testimone della
cresima: ministerialità da riscoprire,
segno di una prossimità ecclesiale che
permette l’incontro con diverse figure
di riferimento per generare alla fede e
accompagnarne i passi.
Il percorso non bypassa le questioni
canoniche relative alla richiesta del
battesimo e/o della cresima e al matrimonio,
questioni che l’accompagnamento
degli adulti alla scoperta o alla
riscoperta della fede pone con sempre
maggiore frequenza. A. Giraudo e W.
Ruspi con l’angolatura del diritto e
della pastorale indicano prospettive
per tenere aperta la riflessione necessaria
per accompagnare le persone
coinvolte, a partire dalla situazione in
cui ciascuno si trova.
Le due note pongono domande non
ininfluenti sulla prassi iniziatica collegata
a questi sacramenti e relative al
maschile e al femminile. A. Matteo
contribuisce riconoscendo i rischi di
una catechesi prevalentemente coniugata
al femminile. A. Meragalli dell’Agesci
riflette sull’opportunità di attività
per gruppi di maschi e di femmine
separati.
Sommario
Editoriale
2 M. Roselli
Pensosamente ‘pratici’
Studi
4 L . Girardi
Battesimo, cresima e iniziazione cristiana
9 M. Belli
Battesimo e cresima:
nodi teologici e pastorali
15 M. Roselli
Diventare cristiani senza tappe?
22 F. Feliziani Kannheiser
Bambini e fanciulli: i soggetti dell’IC
27 S . Soreca
Iniziazione senza padrini e madrine?
32 A . Giraudo
Battesimo, cresima e matrimonio: i canoni
35 W. Ruspi
Battesimo, cresima e matrimonio:
la pastorale
38 D . Piazzi
Il Rito del Battesimo dei bambini: funziona?
43 G. Cavagnoli
Confermazione e professione di fede
Note
48 A . Meregalli
Tornare a separare maschi e femmine?
50 A . Matteo
Catechisti: solo donne?
Formazione
52 Federazione Oratori Cremonesi
Preadolescenti & liturgia
3. What’s your power?
59 M. Di Benedetto
Giovani & liturgia
4. La corporeità della fede
64 E . Massimi
Guida per cantare la messa
4. La liturgia eucaristica
Sussidi e testi
70 D . Piazzi
Imposizione delle mani e unzione crismale
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Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
Pagine:
Ean: 2484300023637
Prezzo: € 6.00
Descrizione:
Editoriale
2 R. Barile
Eucaristia: nodi da sciogliere,
ma con attenzione
Studi
5 R. Sala
Nuove generazioni
senza messa
11 J.A. Scampini
Eucaristia: partecipazione
e ‘vitalità’
19 I . De Sandre
Fine settimana senza domenica
24 M . Guzzi
Il tempo del nuovo inizio
29 J.-M. Donegani
Credere senza appartenere
e appartenere senza credere
34 G. Routhier
Messa, parrocchia, territorio
39 D. Musumeci
Celebrazione eucaristica:
riti e emozioni
Formazione
45 Federazione Oratori Cremonesi
Preadolescenti & liturgia
2. L’albero della vita
52 M . Di Benedetto
Giovani & liturgia
3. La corporeità della fede
58 E . Mass imi
Guida per cantare la messa
3. La liturgia della Parola
Approfondimenti
66 A . Dal Maso
L’eucaristia di Harry Potter
Documenti
72 A . Grillo
Maria, madre della Chiesa
Riccardo Barile
Eucaristia: nodi da sciogliere, ma con attenzione
Editoriale
Un numero di RPL sui nodi pastorali
– problemi ma anche situazioni nuove
– confluenti nella celebrazione eucaristica
puo presentarsi come carenza
di fantasia programmatica. In realta e
quasi un atto dovuto, dal momento
che tutta la vita liturgica gravita sui
sacramenti e in particolare sul sacrificio
eucaristico, come si esprime Sacrosanctum
concilium (= SC) 6 e ribadisce
il Catechismo della chiesa cattolica (=
CCC) 1113. La conseguenza e che i
nuovi nodi pastorali – non sempre risolti
ne risolvibili in tempi brevi – si
addensano sulla celebrazione eucaristica
e a scadenze quasi regolari vanno
monitorati. A questo punto e utile
domandarci: a quali nodi pastorali ci
troviamo di fronte?
Un primo tipo di nodi pastorali puo
essere introdotto da una citazione del
card. Biffi risalente agli anni Settanta
del secolo scorso quand’era parroco:
[…] la messa delle undici vede certamente
una ventina di ragazzi che
chiacchierano in fondo alla chiesa,
ma davanti a loro ci sono novecento
persone che stanno attente e pregano.
Sotto questo profilo, il miglioramento
rispetto alle messe eleganti dell’epoca
preconciliare e netto, innegabile e
generale. Lo devo riconoscere perfino
io1. E una testimonianza del successo
‘sostanziale’ della riforma liturgica che
ovviamente lascia aperto un cammino
nella stessa direzione: tradurre i testi,
rimodellare i riti (secondo la tradizione),
apprendere l’ars celebrandi,
mettere in atto iniziative di catechesi
e altri accorgimenti in vista della partecipazione
ecc. Restando in questo
quadro, che suppone una situazione tradizionale
da portare avanti e migliorare,
chi legge trovera articoli sui giovani e
su come accordare il loro approccio
virtuale con il reale dell’eucaristia (R.
Sala), sulla piu intensa partecipazione
di nuovi gruppi cristiani in America
Latina (J.A. Scampini), sulla partecipazione
come ripresa compendiata
dell’iniziazione (M. Guzzi), sulle
emozioni (D. Musumeci), con schede
tecniche per incontri e catechesi (Dal
Maso, Di Benedetto) ecc. Cioe si tratta
di mantenere e migliorare quanto
sostanzialmente avviato dal Vaticano [...]
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Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
Pagine:
Ean: 2484300023606
Prezzo: € 6.00
Descrizione:
S. Sirboni
La tradizione clona il passato
o orienta al futuro?
Studi
A. Grillo
Perché per innovare
si vuol tornare indietro?
L . Balugani
I preti del futuro:
tra tradizione e postmodernità
P. Tomat is
Vicende di termini contesi:
sacro e mistero
M . Gallo
Una riforma imposta?
M .A. Paiano
La riforma della liturgia
come problema
nella storia della Chiesa
K.P. Dannecker
Dimmi come celebri e ti dirò chi sei
R . De Zan
Convocati e rinnovati dalla Parola
D. Vita li
Mistero della liturgia
e mistero della Chiesa
Formazione
Federazione Oratori Cremonesi
Preadolescenti e liturgia:
1. Santi loro… santi noi?
M . Di Benedetto
Giovani e liturgia
2. Quando la vita diventa liturgia
E . Massimi
Guida per cantare la messa
2. Atto penitenziale, Kyrie, Gloria
Nota
R . Barile
La giovinezza della Chiesa
nell’eucologia del Messale
Silvano Sirboni
La tradizione clona il passato
o orienta al futuro?
Editoriale
Perché alcuni ambienti ecclesiali,
di vertici e di base (anche giovanili) –
sebbene minoritari – chiedono il ritorno
a forme celebrative e a strutture ecclesiali
preconciliari? Quali ingenuità,
ma anche quali malesseri evidenziano?
È a partire da questa domanda sempre
più urgente che prende l’avvio il secondo
numero della nostra rivista per
l’anno 2018. Il lucido intervento del
prof. Andrea Grillo pone le basi perché
ciascuno e possibilmente anche gruppi
parrocchiali affrontino l’argomento in
modo da superare lo stereotipo inadeguato
di una certa identità cattolica
che confonde semplicemente il passato
con la tradizione.
In questo contesto postconciliare suscita
una certa sorpresa l’atteggiamento
di non pochi seminaristi e giovani
preti che si sentono profondamente
attratti dal fascino di una liturgia e, di
conseguenza, dal fascino di una chiesa
fortemente sacrale. La documentata
analisi di Luca Balugani allarga opportunamente
lo sguardo sui giovani postmoderni
e, pertanto, questo intervento
diventa prezioso anche per affrontare
problematiche che vanno oltre l’ambito
strettamente liturgico. Potrebbe costituire
una stimolante riflessione per
discutere con i giovani il loro rapporto
con la fede e con il culto.
A completamento di queste tematiche
offre una preziosa chiave di lettura
l’intervento di Paolo Tomatis che si
propone di superare lo scontro frontale
fra sacro e profano.
Una vecchia e infondata accusa vorrebbe
far credere che la riforma liturgica
sia stata un’operazione di pochi,
anzi di alcuni gruppi massonici nemici
della chiesa. Chi dice queste cose non
conosce la storia di oltre tre secoli e
in particolare la storia del Movimento
liturgico. Non solo, ma ignora, o finge
di ignorare, tutto il lavoro di ricerca
che ha preparato e accompagnato il
dibattito conciliare che, per quanto
riguarda la liturgia, si concluse con
un’entusiastica approvazione di tutta
l’assemblea conciliare (con solo quattro
voti contrari).
Il tradizionalismo si alimenta nell’ignoranza
della storia. Sono ben due,
sebbene con taglio diverso, gli inter...
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Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
Pagine:
Ean: 2484300023361
Prezzo: € 6.00
Descrizione:
Editoriale
2 M. Gallo
Un Messale per i giovani?
Studi
5 F. Garelli
In fuga dalla liturgia
10 P.C. Rivoltella
Liturgie, giovani e ‘cyber liturgia’
16 L . Voltolin
Il rito: l’avatar di Dio
21 C. Monge
Una liturgia giovane: il caso Taizé
26 I . Seghedoni
Una liturgia con i giovani:
il caso GMG
31 D . Cravero
Liturgia senza emozioni?
Il caso giovanile
36 S. Currò
I giovani nell’assemblea:
le difficoltà di partecipazione
Formazione
41 D . Piazzi
Giovani e liturgia:
una indagine empirica
49 M. Di Benedetto
Giovani e liturgia
1. «Ci vogliono i riti!»
54 E . Mass imi
Guida per cantare la messa
1. Il canto d’ingresso
Sussidi e testi
61 D . Donatelli
Preghiera a portata di dita
Approfondimento
66 S. Pindiyan
Questione liturgica
e catechesi in Francia (1965-1995)
EDITORIALE
Congedare il Messale dei fanciulli e scriverne uno per i giovani?
Perché questo tema. Non solo perché
il prossimo Sinodo dei Vescovi (ottobre
2018) ne tratterà, la rivista sceglie
di dedicare questo numero al rapporto
tra giovani, riti e liturgie. Interrogarsi
sul tema è percepire una faglia tra
mondo giovanile e chiesa che ha ormai
almeno cinquant’anni di storia, con le
sue analisi, i tentativi di lavoro e una
interessante bibliografia.
Una chiesa che non sa celebrare con
i giovani, non sa celebrare con nessuno.
«Una chiesa che non parla ai giovani
è una chiesa che non parla a nessuno,
perché loro sono il termometro,
e dunque ci dobbiamo misurare con
loro che hanno le energie che noi dobbiamo
solo tirar fuori e accompagnare
»1. Questo suggestivo passaggio è
tratto dall’omelia di inizio mistero di
mons. Derio Olivero, vescovo di Pinerolo
(15 ottobre 2017). È significativo
che il servizio episcopale inizi con
questa consapevolezza che potremmo
declinare ulteriormente: una chiesa
che non sa celebrare con i giovani
sarebbe dunque in realtà una chiesa
che non sa celebrare con nessuno. Gli
ambiti, infatti, di cui si occupa questo
numero della rivista sembrano partire
da questioni più specificatamente tipiche
del mondo giovanile, ma ognuna di
esse si rivela invece più generale ed ecclesiale.
La trasformazione dei tempi, i
nuovi media, l’estraneità del linguaggio
liturgico, la questione dell’integrazione
del mondo emotivo nel rito riguardano
tutto il fenomeno cristiano, e non solo
i più giovani. Questi, forse, solo con
più urgenza.
I giovani sono in fuga dalla liturgia?
In tutte le ricerche sociologiche2 si
registra uno scarto tra chi si dichiara
anche convintamente credente e la
percentuale di chi frequenta i riti della
religione a cui sente di appartenere.
Questa forchetta, tra i giovani, è decisamente
più ampia, e tra loro chi si
dichiara distante dal mondo religioso
è sensibilmente più numeroso. Nel vivere
la liturgia i giovani manifestano,
come nel mondo scolastico, difficoltà
a tenere la concentrazione per tempi
prolungati, fastidio nel non sentirsi
coinvolti, finendo per indicare di preferire
elementi rituali più tipici del [...]
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Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
Pagine:
Ean: 2484300023330
Prezzo: € 6.00
Descrizione:
Editoriale
M. Gallo
Il segreto del tempo
che non abbiamo
Studi
G. Mazza
Tempi della vita e tempo rituale
O.-M. Sarr
Il tempo celebrato:
tappe della vita e ritualità
F. Feliziani Kannheiser
Tempo, ritmo e rito nel bambino
S. Borello
Il rito:
la percezione della durata
M. Augé
L’anno liturgico è ancora attuale?
Formazione
G. Midili
I tempi del rito
F. Feliziani Kannheiser – M. Roselli
L’alfabeto della preghiera: Il tempo
Sussidi e testi
A. Parisi
Nascita, amore, dolore e morte
Concerto spirituale
Chiese della riforma
P. Ricca
Tempo e salvezza in Lutero
Chiese ortodosse
R. D’Este
Le icone delle «Dodici feste»
Documenti
M. Gallo
Il Motu proprio
Magnum principium
Cronaca
EDITORIALE di Marco Gallo
Il segreto del tempo
che non abbiamo
Editoriale
Si è compiuta la profezia del Manifesto
futurista (Marinetti 1909):
«Abbiamo già creata l’eterna velocità
onnipresente»? Vitale è la sfida pastorale
che si manifesta, secondo Giuseppe
Mazza, già autore di significativi
studi (2008, 2010) sulle conseguenze
antropologiche dell’esperienza di tempo
in cui siamo immersi. Egli registra
le conseguenze di tale fenomeno in
alcune mutazioni: distrazione facile,
frequente smarrimento degli obiettivi,
dissoluzione delle gerarchie. Che cosa
provoca nell’identità la frequentazione
ormai quotidiana di spazi distanti
e lo smarrimento delle soglie temporali?
I momenti rituali sono percepiti
frequentemente come ‘tempi morti’,
rivelati dal sintomo più infallibile dei
visi inespressivi. La liturgia come tempo
umanizzante e liberato dall’egemonia
dell’io, luogo di respiro, è il contributo
che la pratica cristiana è chiamata
a rinnovare.
Monaco dell’abbazia di Keur Moussa
(Senegal) e liturgista, Olivier-Marie
Sarr contribuisce alla riflessione svolgendone
un versante più costruttivo.
Pur in affanno, il post-moderno popola
comunque la sua esperienza del tempo
con feste frequenti. Esse ricalcano le
cadenze della società cristiana (festivo
- feriale, anno liturgico, soglie biografiche
sacramentalizzate), ma si lascia
leggere anche come manifestazione di
priorità relazionali, esperienza onorevole,
bisogno di ispirazione. La liturgia
ne emerge come linguaggio che dà
tempo alle feste, vocabolario per umanizzare
la pastorale liturgica.
La grammatica che permette questa
necessaria riflessione è la medesima
che le scienze pedagogiche ritrovano
nella genesi dell’identità infantile e poi
adulta. La vita, addirittura preparto,
percepisce già l’immersione in un universo
sonoro pulsante, in cui la mamma
coinvolge il bambino in una danza
e un canto, con il loro ritmo. Franca Feliziani
Kahnheiser offre una ricchissima
ricostruzione del processo in cui l’infante
è condotto nei ritmi, nel legame
sintonico con la madre. Emerge quasi
un lamento: voglio un tempo lento, lento,
da parte dell’infanzia odierna, sottoposta
ai ritmi degli adulti. Un tempo in cantato,
fatto di cura ma anche di noia,
popolato da rituali che si ripetono custodendo
il valore della fedeltà e della
presenza. La liturgia ecclesiale prende
quindi avvio tra le mura domestiche.
Questa grammatica primordiale come
reagisce nei nativi digitali? Il linguaggio
rituale, nella forma generalmente
praticata nelle comunità, riesce ad
adeguarsi alle necessità di esperienza
intensa, breve, emotivamente coinvolgente,
capace di un alternarsi di presa
di parola? Simona Borello mostra
brillantemente come gli interrogativi
sottostanti a questo espresso siano in
realtà assai numerosi e diramati.
Ai liturgisti Matias Augé e Giuseppe
Midili è affidata la pars construens
del percorso. Il popolo credente trova
nell’anno liturgico la dimensione nella
quale condividere l’oggi della fede,
itinerario scandito in tappe. Avere a disposizione
un tale apparato non pone
al riparo da difficoltà (i cicli sono più
contadini che cittadini, la domenica
non è il weekend, il tempo festivo - feriale
non è sovrapponibile al tempo di
lavoro - tempo libero): più che a ripensarne
la logica, la proposta di Augé
è di riguadagnarne il senso ancora non
del tutto espresso in pienezza dalla
pratica parrocchiale. Per questo la
conclusione della riflessione si allarga
al progetto di formazione liturgica, in
cui si offrono spunti che riposano sulla
consapevolezza che per cogliere la
natura del tempo liturgico, alle liturgie
preparate occorre dare tempo: cura,
pazienza, obiettivi a lungo termine,
lavoro comune, verifica del ritmo.
Le schede per la pastorale liturgica
completano nella stessa logica l’esercizio
per una pratica pensosa sul tempo
e sulla liturgia oggi.
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Editoriale
2 D. Piazzi
Morire oggi in Europa:
sfida per l’evangelizzazione
Studi
4 L. Karrer
La morte in Occidente
9 E. Segatti
L’evocazione dei defunti
15 A. Brusco
Pubblico e privato nella morte
19 P. Tomatis
Teologia della morte
e culto dei defunti
23 G. Cavagnoli
Rileggere il Rito delle esequie
32 M. Baldacci
La veglia funebre
Formazione
37 L. Gazzoni
Catechesi adulti:
il suffragio dei defunti
41 F. Feliziani Kannheiser – M. Roselli
L’alfabeto della preghiera: Le mani
Chiese della riforma
49 E. Genre
I protestanti pregano per i vivi
Chiese ortodosse
53 A. Dobos
Rito funebre e preghiera
per i defunti nelle chiese ortodosse
Segnalazioni
Inserto
D. Piazzi
Invitati a una festa senza fine
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Editore: Queriniana Edizioni
Autore:
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Ean: 2484300023002
Prezzo: € 6.00
Descrizione:
Editoriale
2 G. Ambrosio
Diocesi senza parrocchie?
Studi
6 S. Noceti
«Vino nuovo in otri nuovi»
14 D. Vitali
Laici e ministerialità liturgica
20 D. Gianotti
Assemblee domenicali
in assenza del presbitero
24 M. Baldacci
Il segno - assemblea
alla prova della contemporaneità
Esperienze
30 D. Pesenti
Le équipe liturgiche
nelle diocesi svizzere
34 S. Guiziou
La formazione dei laici
per celebrare i funerali
e un Pardon bretone
Formazione
37 P. Bignardi
Laici nella Chiesa
41 F. Feliziani Kannheiser – M. Roselli
L’alfabeto della preghiera: Il pane
Sussidi e testi
48 P. Chiaramello
Liturgia festiva della parola di Dio
Chiese della riforma
57 A. Zell
«Ciascuno metta il dono ricevuto
a servizio degli altri»
Chiese ortodosse
61 A. Dobos
Assemblee di fedeli senza presbitero
nelle chiese ortodosse
Cronaca
65 G. Tornambé
Abitare – Celebrare – Trasformare
Segnalazioni
_______________________________________
Gianni Ambrosio
Diocesi senza parrocchie?
1. Parrocchia: un solo termine
per realtà diverse
Molti anni fa, quando ero studente
a Parigi, la parrocchia che mi ospitava
aveva più di 42.000 abitanti. Quando
sono rientrato in Italia, insieme all’insegnamento
e altre occupazioni pastorali,
divenni parroco di una parrocchia
di un centinaio. Poi andai parroco in
centro città: la parrocchia era di circa
1.000 abitanti ed era frequentata da
molte persone che non risiedevano nel
territorio parrocchiale.
I pochi cenni personali evidenziano
ciò che sappiamo: il termine ‘parrocchia’
vale per realtà molto diverse.
Una varietà dovuta alla storia, alla geografia,
al tipo di attività prevalente,
in particolare alla capacità della parrocchia
di adattarsi e di trasformarsi.
Con lo stesso termine, si denominano
enti assai diversi, ma ogni singola parrocchia
ha la sua personalità giuridica
pubblica, con la propria iscrizione nel
registro delle persone giuridiche e con
il proprio parroco, in qualità di legale
rappresentante. È evidente la tensione
del dispositivo canonico fra l’immagine
tridentina della parrocchia e la sua
figura comunitaria: «Una comunità di
fedeli che viene costituita» nella diocesi,
recita il Codice di Diritto Canonico
(can. 515). Comunque, la parrocchia,
sorta più dalla vita che dai decreti, è
sempre rimasta in piedi nonostante le
molte crisi e i diversi annunci della sua
morte. Ed è sempre stata legata al territorio,
vicina ai cristiani di quel luogo.
2. Flessibilità e adattabilità
La flessibilità e adattabilità della
parrocchia non è solo una sua caratteristica
fondamentale, ma è anche la
sua risorsa. In un certo senso, la parrocchia
riconosce di essere ‘pellegrina’,
vicina alla ‘casa’ dei cristiani che sono
in cammino verso la ‘casa’ definitiva.
Questo dinamismo è la forza di questa
presenza ecclesiale nel territorio.
Papa Francesco lo sottolinea: «La
parrocchia non è una struttura caduca;
proprio perché ha una grande plasticità,
può assumere forme molto diverse
che richiedono la docilità e la creatività
missionaria del pastore e della comunità.
Sebbene certamente non sia l’unica
istituzione evangelizzatrice, se è
capace di riformarsi e adattarsi costantemente,
continuerà ad essere la chiesa
stessa che vive in mezzo alle case
dei suoi figli e delle sue figlie» (Evangelii
gaudium 28, in EV 29, 2134).
Il ‘riunirsi cristiano’ ha conosciuto
e conosce espressioni differenti lungo
la storia. Tuttavia con una stessa definizione
e con una identica normativa
si caratterizza l’aggregazione del ‘noi’
cristiano in una forma che intreccia la
missione e la realtà locale.
3. Parrocchia e assetto
territoriale diocesano
Facendo leva sulla capacità adattiva
della parrocchia, l’assetto territoriale è
stato oggetto di un esercizio di discernimento
teologico-pastorale che ha
favorito la ricomposizione dei luoghi
di aggregazione dei cristiani. La ridefinizione
del ‘noi’ ecclesiale ha mirato a
configurare diversamente l’assetto territoriale
diocesano: si va dalle unità pastorali,
alle nuove parrocchie, alle comunità
pastorali. Il riassetto ha cercato
innanzitutto di favorire la relazione, la
collaborazione e la cooperazione tra
comunità parrocchiali vicine. Inoltre si
è fatta emergere quella ministerialità
diffusa e concreta, spesso già in atto,
mettendo insieme le diverse risorse di
ogni comunità.
Infine ogni realtà parrocchiale è
stata sospinta ad esprimere la corresponsabilità
dei fedeli laici, chiamati a
dare continuità alla vita della propria
comunità, naturalmente lavorando insieme
alle comunità vicine.
Le motivazioni di questi tentativi,
già fatti o in corso, possono essere sintetizzate
in due istanze: da un lato, vi
è l’istanza pastorale, l’esigenza cioè di
incarnarsi nel territorio, abitandolo e
animandolo con l’annuncio e la testimonianza
del vangelo; dall’altro, vi è
l’istanza sociale e culturale che esige
di tener conto della realtà che cambia
profondamente e rapidamente.
Il significato stesso del territorio
è cambiato: non esiste più ‘la’ parrocchia
com’era intesa e vissuta un
tempo, con i suoi confini e le sue tradizioni,
con la sua chiesa, il suo prete
e i suoi beni.
4. Il cammino fatto
è sufficiente?
Ci si chiede se il cammino attuato
sia sufficiente per le esigenze pastorali
odierne, tenendo conto di tutti i dati
in gioco, dalla riduzione drastica dei
sacerdoti alla diminuzione altrettanto
drastica della popolazione, soprattutto
– ma non solo – in contesti collinari
o montani, come anche dei processi
culturali in corso.
Se la parrocchia è stata capace di
reagire alle sopravvenienti situazioni
critiche con ripetuti adattamenti, sarà
in grado di superare quella che è stata
definita «la fine della civiltà parrocchiale
»?
Il cambiamento che è avvenuto
e sta avvenendo sotto i nostri occhi
pare risultare – a noi, che lo stiamo
vivendo – assai più problematico dei
molti cambiamenti avvenuti nel passato,
forse non meno problematici per
chi li ha vissuti. In ogni caso, anche
rispetto alla questione della parrocchia,
vale l’affermazione molto cara
a papa Francesco, espressa anche nel
novembre 2015 durante il Convegno
ecclesiale di Firenze: «Si può dire che
oggi non viviamo un’epoca di cambiamento
quanto un cambiamento d’epoca.
Le situazioni che viviamo oggi
pongono dunque sfide nuove che per
noi a volte sono persino difficili da
comprendere».
5. Ricalibrare solo
le piccole parrocchie
o ‘la’ parrocchia?
Il discernimento della pratica pastorale
rispetto alle nuove sfide è in
atto da tempo nella nostra realtà italiana.
Ma si può dire che i diversi risvolti
del ‘cambiamento d’epoca’ siano
effettivamente considerati? Si può
ritenere che una qualche riscrittura
della parrocchia, anche sotto il profilo
giuridico, sia stata pensata, non solo in
rapporto alle piccole parrocchie, ma a
ogni parrocchia? Occorre riconoscere
che le realizzazioni attuate, spesso anche
coraggiose, sono ancora tentativi
embrionali.
La forza di una ecclesiologia di
comunione ha fornito le giuste motivazioni
per riformulare non solo
l’organizzazione parrocchiale, ma
l’idea stessa dell’istituzione parrocchiale.
Tuttavia sorge l’interrogativo:
nonostante le correzioni di rotta e
gli ampliamenti del ‘noi’, nonostante
l’appello alla corresponsabilità dei fedeli
laici, quel ‘cambiamento d’epoca’
di cui parla papa Francesco non dovrebbe
comportare una fuori-uscita
dal ‘paradigma clericale’, sotteso al
modello parrocchiale?
Più semplicemente: una certa fissazione
sulle problematiche di vita interna
della chiesa non suscita qualche
perplessità? È certamente doverosa
la riorganizzazione delle risorse sia
umane sia culturali e finanziarie, ma
essa appare limitata e insufficiente.
L’esempio concreto viene dalla mia
diocesi di Piacenza-Bobbio. Con fatica,
si sta cercando di accorpare alle
parrocchie più consistenti quelle che
sono quasi prive di vita comunitaria e
spesso anche della celebrazione festiva.
Si cerca anche di unificare alcune
unità pastorali, oggi già insufficienti.
Soprattutto si cerca di favorire la
convergenza pastorale verso un punto
unitario (un ‘centro’, di solito il comune)
che, all’insegna delle antiche
pievi, sia il punto di riferimento e di
convergenza attorno cui costruire la
vita ecclesiale, senza dimenticare le
parrocchie più piccole.
Insieme a papa Francesco, con onestà
«dobbiamo riconoscere che l’appello
alla revisione e al rinnovamento
delle parrocchie non ha ancora dato
sufficienti frutti perché siano ancora
più vicine alla gente, e siano ambiti di
comunione viva e di partecipazione,
e si orientino completamente verso
la missione» (Evangelii gaudium 28,
in EV 29, 2134). Certamente occorre
attendere i frutti con fiducia e con speranza.
Il pellegrino deve tendere verso
la meta senza soffermarsi troppo sulle
difficoltà che il cammino stesso com
porta. Il recupero della dimensione
pellegrinante delle parrocchie aiuterà
ad alleggerire il bagaglio.
L’istanza missionaria della chiesa –
e dunque delle comunità parrocchiali
in uscita – aiuterà a riscoprire ciò che
è fondamentale per non distrarci in
questioni secondarie. Sempre riconoscendo
che non si dà conversione
pastorale e riforma, se non vi è la
conversione sia personale sia comunitaria.
6. Verso nuove modalità
di appartenenza ecclesiale?
L’azione pastorale che realizza qui
e ora il progetto di Dio nella storia
personale e collettiva ha bisogno di
una riflessione saggia e coraggiosa per
rivedere i limiti del ‘noi’ nella forma
parrocchiale. Occorre superare diversi
ostacoli e aiutare la comunità parrocchiale
a svolgere la missione che finora
ha saputo svolgere.
Da tempo ci s’interroga se l’indubbia
‘crisi’ della parrocchia non sia, almeno
per molti aspetti, il riverbero
concreto della ‘crisi’ del cristianesimo
nella nostra società. Nello stesso tempo
alcuni si chiedono, rovesciando la
prospettiva, se la ‘crisi’ del cristianesimo
non sia anche dovuta alla poca
attenzione della parrocchia (e della
chiesa) al rapporto tra vita cristiana e
territorio/spazio pubblico.
Il contesto odierno è diverso da
quello che in altri tempi ha propiziato
lo strutturarsi del ‘noi’ cristiano in
forma parrocchiale. I due interrogativi,
però, si intrecciano e invitano a tenere
insieme i molti aspetti della stessa
questione. Se risulta difficile rendere
praticabile la forma comunitaria della
fede cristiana in una realtà segnata dal
forte individualismo, appare urgente
riconsiderare seriamente tutta l’importanza
dell’appartenenza alla comunità
ecclesiale nel favorire l’identità
cristiana e contrastare la diffusa crisi
della fede.
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Ean: 2484300022838
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Per una liturgia che includa, senza smarrirsi
Una riscrittura del concilio
Si può individuare chiaramente che cosa è chiesto al linguaggio liturgico oggi? E il magistero, a quale discernimento chiama? Papa Francesco ha ribadito a più riprese e con grande chiarezza che, se un centro strategico si deve individuare nel progetto del suo ponti_cato, questo è senza dubbio in Evangelii gaudium (= EG). Così si è espresso parlando ai Gesuiti nell’ottobre 20161:
«Vi raccomando l’Evangelii gaudium, che è una cornice. Non è originale, su questo voglio essere molto chiaro.
Mette insieme l’Evangelii nuntiandi e il documento di Aparecida. Pur essendo venuta dopo il Sinodo sull’evangelizzazione, la forza dell’Evangelii gaudium è stata di riprendere quei due documenti e di rinfrescarli per tornare a offrirli su un piatto nuovo. L’Evangelii gaudium è la cornice apostolica della chiesa di oggi. […] Credo che l’Evangelii gaudium vada
approfondita, che ci si debba lavorare nei gruppi di laici, di sacerdoti, nei seminari, perché è l’ariavangelizzatrice che oggi la chiesa vuole avere. Su questo bisogna andare avanti. Non è qualcosa di concluso, come se dicessimo: è andata, ora tocca a Laudato si’. E poi: è andata, adesso c’è Amoris laetitia…».
Evangelii gaudium è dunque la cornice. Le tele si succedono (sia le maggiori, sia gli altri atti e prese di posizione), ma il contesto che le sorregge è questo corposo documento che rilegge l’intera vita ecclesiale con l’ottica della missione. Secondo l’interessante lettura che ne offre Theobald2, EG sarebbe una riscrittura libera e originale del concilio, fatta non da uno dei padri, ma da uno dei _gli del Vaticano II. Questa è l’ipotesi: vista la distanza dal concilio, e la prospettiva di non celebrare un Vaticano III, pare urgente una ripresa stilistica, preparata da Paolo VI, rimasta in latenza per un tempo più preoccupato dell’ossatura dottrinale. EG non è chiaramente un testo dedicato alla liturgica: è notevole che l’unica costituzione conciliare non citata sia Sacrosanctum concilium. Nel progetto di rinnovamento missionario però diventa molto esplicito cosa si chiede al celebrare della chiesa. Nel noto passaggio del n. 24, le azioni ecclesiali (prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, frutti_care, festeggiare) culminano nella liturgia:
«La comunità evangelizzatrice gioiosa sa sempre ‘festeggiare’. Celebra e festeggia ogni piccola vittoria, ogni passo avanti ell’evangelizzazione. L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene. La chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività vangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi».
Nel cap. III su «L’annuncio del vangelo », una parte considerevole delle proposte di vita per il popolo di Dio, in [...]
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EDITORIALE
Fanciulli, famiglia, eucaristia: tre
parole che nella pastorale della chiesa
sono correlate e interdipendenti più di
quanto abitualmente si pensi. La crisi
della famiglia è la crisi della chiesa. Infatti
nel Nuovo Testamento la famiglia
è considerata la «chiesa che si riunisce
nella casa» (cfr. 1 Cor 16,19; Rm 16,5;
Col 14,15). Non solo, ma la famiglia è
anche la prima sede della celebrazione
eucaristica, cioè «della presenza di Cristo
seduto alla stessa mensa» (Amoris
laetitia, n. 15). La famiglia è, pertanto,
pure la prima sede della trasmissione
della fede ai figli, «è il luogo dove i genitori
diventano i primi maestri della fede
per i loro figli» (Amoris laetitia, n. 16).
A questa immagine biblica della famiglia,
cioè a questo progetto di Dio sulla
famiglia che noi siamo chiamati a realizzare,
quale concreta situazione corrisponde?
Ci sembra di parlare di un
altro pianeta. Come la pastorale tiene
veramente presente questo ideale e le
mutate situazioni della nostra società?
Non c’è forse il rischio di esaurire le
energie pastorali delle nostre comunità
nel continuare a proporre con zelo
e tenace insistenza attività e schemi
pastorali che non si armonizzano più
con gli stili di vita, né con i diversi linguaggi
del nostro tempo?
La catechesi ai fanciulli può essere
assunta come una cartina di tornasole
per verificare le contraddizioni dell’odierna
pastorale che dovrebbe tenere
strettamente uniti fanciulli, famiglia
ed eucaristia. Ci si rende sempre
più conto che la tradizionale ‘ora di
catechismo’ settimanale per il completamento
dell’iniziazione cristiana
dei fanciulli e dei ragazzi dai sette ai
quattordici anni, non sembra affatto
produrre i frutti tanto sperati. Da oltre
mezzo secolo ci si lamenta, e con
ragione, che dopo il completamento
dell’iniziazione cristiana i ragazzi,
pienamente ‘introdotti’ nella chiesa,
per la stragrande maggioranza paradossalmente
scompaiono… E con
loro anche quei genitori che durante
gli anni di catechismo si erano resi abbastanza
presenti sia agli incontri di
formazione sia all’assemblea eucaristica
domenicale. Se poi qualche parroco,
con tanto zelo e tanta speranza, ha
pensato di collocare l’ora settimanale
di catechismo la domenica mattina
così da favorire (o costringere?) genitori
e figli a partecipare alla messa
domenicale, sembra che la medicina
sia risultata sovente poco efficace se
non addirittura peggiore della malattia
da curare. Infatti, il catechismo rischia
in tal modo di apparire una specie di
subdolo ricatto. Chi ricorda ancora la
ricorrente esortazione che almeno da
alcuni decenni sollecita una profonda
«conversione pastorale» (cfr. Comunicare
il vangelo in un modo che cambia, n.
46)? Conversione che non può prescindere
dall’esperienza dell’eucaristia
domenicale, vertice di quella liturgia
che è «luogo educativo e rivelativo» della
fede, della chiesa e dell’identità del
cristiano (cfr. ibid., n. 47).
Pertanto, questo numero della nostra
rivista, come mostra la stessa
sequenza degli argomenti affrontati,
pone alcuni interrogativi per orientare
una più radicale riflessione sull’iniziazione
cristiana dei fanciulli a partire
dalla loro progressiva partecipazione
all’assemblea eucaristica domenicale.
L’iniziazione cristiana è fondamentalmente
iniziazione all’eucaristia, come
dimostra l’originaria successione dei
tre sacramenti. Per questo la graduale
e attiva partecipazione dei fanciulli
alla messa è più importante dell’ora di
catechismo. Come attuare questo fondamentale
itinerario di carattere esperienziale?
Non si tratta di cambiare la
messa e tanto meno di infantilizzarla
come purtroppo talvolta succede in
tutta buona fede. Fin dal 1975 la Congregazione
per il culto divino ha emanato
un Direttorio, quale appendice
autorevole del Messale Romano, per la
celebrazione della messa con fanciulli.
In esso si offrono ampie possibilità
di adattamento per quanto riguarda
i testi, i gesti, gli atteggiamenti e gli
elementi visivi. È, tuttavia, opportuno
tenere ben presente che il Direttorio
distingue le messe celebrate nei giorni
feriali, con finalità propedeutiche, dalla
messa domenicale dove i fanciulli,
previamente formati, partecipano insieme
agli adulti alla messa della comunità.
Distinzione di cui non sempre
si è tenuto sufficientemente conto con
il rischio di infantilizzare tutto il rito.
Presentiamo quindi alcune esperienze,
italiane ed estere, per la preparazione
dei fanciulli e dei ragazzi a
un’attiva e consapevole partecipazione
alla messa. Sono tentativi e, come
tali, non privi di aspetti discutibili, ma
che possono suggerire nuove esperienze
in questo settore.
Alcuni interventi allargano lo sguardo
al linguaggio simbolico che non riguarda
solo i fanciulli, ma anche gli
adulti. Siamo proprio sicuri che certi
riti e certi simboli dicano ai cristiani
di oggi quello che dicevano ai cristiani
del primo millennio o dell’epoca barocca?
Da quale età è bene che i fanciulli
prendano parte alla messa con
gli adulti e a quali condizioni? Le problematiche
pastorali che riguardano lo
stretto e inscindibile rapporto tra fanciulli,
famiglia ed eucaristia non sono
presenti solo nel mondo cattolico, ma
anche nelle comunità ortodosse ed
evangeliche come dimostrano le testimonianze
riportate. Come sempre
la nostra rivista, oltre a favorire l’approfondimento
del tema, offre anche
sussidi pratici per cercare di dare una
risposta ai tanti interrogativi. La pastorale
è sempre e fondamentalmente ricerca.
È la dinamica dell’incarnazione.
Silvano Sirboni
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Editore: Queriniana Edizioni
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Editoriale
M. Gallo
Liturgia e famiglia
dopo Amoris laetitia
Studi
E. Borghi
Chi è mia madre?
Chi sono i miei fratelli?
L. Della Pietra
Il linguaggio familiare nella liturgia
É. Grieu
Fratelli e sorelle? Quale comunità?
G. Cavagnari
Celebrare la fede
nelle chiese domestiche
B. Giordano – L. e I. Carando
Come preparare le nozze? E dopo?
B. Borsato
Che fare con i divorziati?
Formazione
M. Roselli
1. «Io accolgo te»
2. «Da ora e per sempre»
F. Feliziani Kannheiser – M. Roselli
L’alfabeto della preghiera: La porta
Sussidi e testi
F. Feliziani Kannheiser
Celebrare la vita in famiglia
Chiese della riforma
P. Ricca
Parola e preghiera in famiglia oggi
Chiese e liturgie ortodosse
I.-D. Stîng
La preghiera in famiglia
nella chiesa rumena
Segnalazioni
Inserto
D. Piazzi (a cura di)
Pregare i tempi della vita familiare
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Studi
R. Mancini, La grande trasformazione 3
L’articolo presenta il profilo della trasformazione cruciale della nostra esistenza. Benché siamo immersi
in un sistema di disgregazione che spezza l’integrità degli esseri umani e la trama delle relazioni, resta
aperta la possibilità di sperimentare tale svolta essenziale, che consiste nel divenire veramente persone
sino a scoprirci figlie e figli di Dio, dunque fratelli e sorelle verso chiunque.
C. Doglio, Di gloria in gloria 8
Il verbo ‘trasfigurare’ è adoperato dagli evangelisti per narrare l’evento della trasfigurazione di Gesù,
ma l’apostolo Paolo lo usa in due casi per descrivere la dinamica della vita cristiana. In tale processo è
all’opera lo Spirito del Signore che realizza la gloria di Dio, cioè la sua presenza potente e operante, in
vista di una continua e piena trasformazione dei credenti, per rendere ciascuno conforme all’immagine
del Figlio Gesù.
M. Florio, Per una Chiesa trasfigurata: da dove ri-partire? 14
È possibile operare una trasformazione del vissuto ecclesiale a partire da una revisione della prassi
sacramentaria in atto? Il recente sviluppo del catecumenato degli adulti nelle diocesi italiane sembra
propiziare una corrispondente messa in questione della vigente prassi penitenziale. I due tracciati si
incrociano nella vita del credente provocandone una profonda revisione nella prospettiva di una fede
adulta. La stessa celebrazione eucaristica viene posta in una nuova luce.
L. Girardi, I gesti liturgici, trasfigurazione dell’umano 21
Un modo fondamentale in cui l’umano viene assunto a divenire espressione sacramentale del divino è
dato dalla gestualità rituale. Tutti questi gesti, profondamente umani, costituiscono quello spazio aperto
all’incontro con il Signore, per il quale questi stessi gesti si trasfigurano, diventando espressione del
nostro essere partecipi della vita di Dio.
C. Scordato, Conformati a Cristo: dal battesimo all’eucaristia 28
Dio in ogni modo cerca di venire incontro all’uomo; al culmine di questa sua ricerca egli si fa talmente
prossimo da prendere la forma stessa della nostra umanità. In una sorta di ideale continuazione dell’incarnazione,
nel settenario sacramentale particolarmente l’iniziazione cristiana è la formalizzazione della
reciprocità attraverso la quale l’uomo offre a Dio i gesti significativi della propria vita e Dio offre se
stesso facendo propri i gesti della vita umana.
Temi pastorali
A. Matteo, Iniziazione cristiana: decenni di insuccessi 34
Oggi non si ha più la possibilità di indicare, ai ragazzi e alle ragazze, un modello di ‘adulto’ e di ‘adulto
credente’ a cui ispirare la propria crescita nella fede. Il nostro è il tempo dell’adulto che ci manca e l’età
adulta appare sempre più uno spazio vuoto, bianco, senza prestigio e senza fascino. Per invertire la rotta
si dovrà ripartire da quell’adulto che è apparso in tutta la sua compiuta forma in Gesù.
Schede per la formazione
D. Castellari, Catechesi e narrazione 39
Ragioni ed esempi per tornare all’antico e narrare la fede come racconto puro e semplice: per paradosso
ciò che è molto antico (la narrazione) è molto attraente per chi è modernissimo come i ragazzi di oggi.
Otto buoni motivi per un catechismo fondato sul narrare/ascoltare e una proposta per offrire una
nuova cornice simbolica alle generazioni odierne. La scheda è pensata come un esercizio spirituale per
catechisti ed educatori.
D. Bresciani, Icona, la Chiesa in preghiera 45
L’icona oggi sfida il nostro immaginario collettivo e richiama la nostra attenzione sulla comunità orante
che è la chiesa e su una creatività corale dove il particolare e l’individuale sono valorizzati in comunione
fraterna. L’icona è testimone della storia della salvezza e della costituzione della chiesa come corpo di
Cristo. La nostra trasfigurazione (e trasformazione) si realizza diventando sempre più parte del corpo
di Cristo che è la chiesa.
M. Gallo, Celebrare la confermazione.
Riflessioni e suggerimenti per preparare il rito 50
Partendo dai contesti in cui viene celebrato, si evidenzia la preparazione remota e la valorizzazione del
contesto comunitario del Rito della confermazione, l’attenzione che devono avere i diversi ‘attori’ e si
danno suggerimenti in merito alle diverse parti della sequenza rituale.
Anno santo
P. Mirabella, Disciplina e sacramenti 59
La radice del rapporto tra disciplina e sacramento sta nella relazione tra l’oggettività della norma e la
soggettività della coscienza. Il percorso muove dal valore della disciplina ecclesiastica, al significato dei
sacramenti, ricercando la soluzione di ogni tensione nella conciliazione della verità con la misericordia.
Cronaca
A. Ghersi LXVII Settimana liturgica nazionale del CAL 67
XLIV Settimana di studio APL 69
Indice 2016
Dal 1963 la rivista accompagna in Italia la riforma liturgica e cura la formazione liturgica di
ministri, persone consacrate e animatori laici della liturgia, facendo emergere il ruolo che il
culto liturgico occupa nell’azione pastorale. Dal prossimo anno la rivista cambierà formato e
impaginazione per essere più agile e leggibile, con inserti staccabili e tracce di lettura.
Questi i temi dei fascicoli del 2017:
1. Liturgia e famiglia dopo il sinodo 4. Liturgie senza preti?
2. Fanciulli, famiglia, eucaristia 5. Pregare per i defunti
3. Per una liturgia inclusiva 6. Non abbiamo più tempo?
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